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Meraviglia Eolica

Inaugurato il più grande parco eolico offshore al mondo in Gran Bretagna,  produrrà energia pulita pari al fabbisogno di circa mezzo milione di abitazioni nel Regno Unito, permettendo di evitare l’immissione in atmosfera di 925.000 tonnellate di CO2

Forse bisognerà stilare presto la lista delle 7 meraviglie del mondo moderno e là dove una volta si parlava delle piramidi, bisognerà mettere i grandi parchi eolici realizzati dall’uomo in mezzo al mare. Certo, non servono più legioni di schiavi che trasportano massi enormi, ma anche in questo caso una delle prime difficoltà tecniche è come far arrivare sul posto turbine eoliche che pesano ognuna come 15 elefanti e collocarle sulle fondamenta, con la massima precisione.  

Più di 1.000 persone hanno lavorato alla realizzazione del più grande parco eolico al mondo, per cui sono state impiegate oltre 60 imbarcazioni, tra cui le più moderne navi per l’installazione di turbine eoliche in mare aperto.

Il fatto che si operi in mare aperto e in luoghi molto ventosi non rende l’operazione delle più semplici. Eppure la tedesca E.ON, la società danese DONG Energy e Masdar, fondo infrastrutturale di Abu Dhabi, hanno realizzato di fronte all’estuario del Tamigi, non lontano da Londra, “London Array”, il più grande parco eolico offshore al mondo.

Situato a 20 chilometri dalla costa, nel sud-est dell’Inghilterra, il parco è stato inaugurato a luglio dal premier inglese David Cameron, insieme a Johannes Teyssen (E.ON), Brent Cheshire, (Dong Energy), il Sultano Ahmed Al Jaber (Masdar) e Peter Löscher (Siemens).

“Questo è un grande giorno per la Gran Bretagna e un’importante vittoria per le energie rinnovabili. London Array è la dimostrazione che si possono realizzare progetti di energie rinnovabili su vasta scala anche qui in Gran Bretagna. In fatto di energie pulite, siamo tra coloro che investono di più globalmente” ha detto il premier Cameron, dopo aver sorvolato in elicottero il colossale impianto eolico. Entrato in funzione nel mese di aprile, il parco offshore ha una capacità pari a 630 MW e produrrà una quantità annua di energia pulita pari al fabbisogno di circa mezzo milione di abitazioni nel Regno Unito, permettendo di evitare l’emissione in atmosfera di 925.000 tonnellate di CO2 l’anno. Dà quindi contributo alla modesta quota di energie rinnovabili del Regno Unito, che copre il 12,3% del fabbisogno nazionale, ma la speranza è che questo progetto faccia da volano a tanti altri, ora che esistono conoscenze e strumenti che prima non erano disponibili. E.ON sta impiegando la MPI Discovery, una delle navi usate per “London Array”, per la realizzazione dei parchi eolici offshore di Kårehamn (Svezia), Humber Gateway (Regno Unito) e Amrumbank-West nel Mare del Nord della Germania.

In visita alle turbine

Dal porto di Ramsgate, dove si trova la base operativa che si occupa della manutenzione di “London Array”, che dà lavoro a 200 persone, raggiungiamo con una barca veloce il parco eolico. La costa scompare pian piano all’orizzonte e compaiono le prime turbine. Non stanno producendo energia tutte contemporaneamente, ma per la stragrande maggioranza girano, nonostante la giornata scarsamente ventosa. La costruzione del parco eolico è iniziata a marzo del 2011. Da allora sono stati installati 175 aerogeneratori e oltre 200 chilometri di cavi a una profondità di 25 metri. Le turbine raggiungono l’altezza di 147 metri sul livello del mare e ciascuna delle due sottostazioni elettriche offshore, pesa 1.250 tonnellate. Qualche barca passa vicino, perché l’area non è interdetta al traffico marittimo e qui il mare è diventato più pescoso: ai pesci queste fondamenta devono sembrare degli insperati scogli in mezzo al mare.

Per effettuare la manutenzione gli operai fanno su e giù da Ramsgate con quattro barche ogni giorno, salvo quando il mare proprio non lo consente e allora alcune operazioni si possono effettuare anche da remoto.

Quanto dureranno le turbine? 20-25 anni è il loro ciclo di vita, ma esattamente ancora non si sa, visto che si tratta ancora dei primi impianti di questo tipo.

E in Italia vedremo mai parchi eolici come quello britannico?

Alla domanda risponde Eckhardt Rümmler, CEO di E.ON Climate & Renewables: “L’Italia è il secondo paese europeo del Gruppo per potenza installata onshore, grazie a circa 328 MW di impianti eolici con 10 parchi operativi. Nel vostro Paese il sistema di incentivi per le rinnovabili ha subito svariate modifiche e i margini ne hanno risentito, frenando gli investimenti”.

 

Tre alleati per l’offshore. La tedesca E.ON al 30%, la società danese DONG Energy al 50% e Masdar, fondo infrastrutturale di Abu Dhabi, al 20% sono le tre società che hanno realizzato “London Array”. E adesso? Gli Emiri hanno un ufficio a Londra e tutto l’interesse ad andare avanti su grandi progetti legali alle rinnovabili, mentre danesi e tedeschi studiano il mercato per capire dove conviene realizzare il prossimo mega parco eolico. Già si parla di una possibile estensione del parco al largo dell’estuario del Tamigi. Come ha ricordato il premier Cameron, all’inaugurazione di “London Array”, “la Gran Bretagna è un Paese che attrae investimenti dall’estero. Mentre nel resto della Ue lo scorso anno sono calati del 40%, in Gran Bretagna sono cresciuti del 21%”.

 

Un mare di gas? Un piano di diversificazione energetica verso le fonti rinnovabili serve alla Gran Bretagna per via del calo produttivo degli impianti di estrazione petrolifera del Mare del Nord. Nuove esplorazioni off shore in realtà suggeriscono che una ripresa delle estrazioni potrà avvenire, ma non nell’immediato. In un quadro di relativa incertezza l’eolico è scelta obbligata. London Array non è il primo parco, essendo in funzione da anni Greater Gabbare, nel Suffolk, che con 140 turbine produce 500 megawatt di energia, fino a ieri record mondiale. L’alternativa è lo shale gas. Il British Geological Survey stima che nel nordovest dell’Inghilterra ci siano ingenti risorse di shale gas, tutte da sfruttare. Il cancelliere George Osborne ha detto che lo shale gas è una risorsa con “potenziale enorme” per il mix energetico del Regno Unito. E ha parlato del potenziale shale gas come il possibile punto di partenza per far divenire la Gran Bretagna leader della rivoluzione shale gas. Ma non mancano le critiche sul fracking. La costruzione di centrali e l’estrazione di gas stessa hanno conseguenze negative per l’ambiente a causa del gas bruciato e dei gas che fuoriescono dai pozzi danneggiati. Il 16% del metano emesso nel processo di estrazione finisce poi in atmosfera. Un gas a effetto serra ben più potente della CO2 potrebbe quindi contribuire al cambiamento climatico, vanificando tutti gli sforzi fatti dalla Gran Bretagna per aumentare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili.