Gli anni ‘60 hanno visto la più importante svolta della musica del ‘900, un svolta che ha influenzato il rock e il pop odierno
Conoscere l’evoluzione musicale degli anni ’60 è fondamentale per capire da cosa ha origine il rock e il pop odierno che può considerarsi una estensione, una prosecuzione e, spesso, una citazione, della musica nata in quegli anni.
È stato un cambiamento radicale, anche in Italia, che inizia ad inoltrarsi in quel processo di esterofilità che coinvolgerà non soltanto la musica ma tutta la cultura e i modelli di consumo fino ai giorni nostri.
Basti pensare che in campo musicale, ad esempio, fino alla fine degli anni ’50 erano i musicisti stranieri a tradurre ed adattare la musica dei grandi autori italiani al loro mercato. Gli anni sessanta segnano la svolta di questa tendenza e trovano la massima espressione di questa tendenza nei movimenti così detti di protesta.
Il primo di questi è il beat impropriamente associato a musiche spensierate, disimpegnate o ingenue. Il beat è una vera e propria rivoluzione perché abbandona le armonie e melodie utilizzate fino ad allora per irrompere con sonorità molto diverse, dirompenti.
Quando si pensa a quegli anni ed all’effetto che ebbero bisogna necessariamente fare riferimento ad eventi come il Festival folk di Newport del 1963 in cui un “ometto” timido e quasi sconosciuto ai più venne contestato aspramente per la sua esecuzione che introduceva l’uso di chitarre elettriche e sintetizzatori con un’amplificazione potente. Contestazione che costrinse l’artista ad interrompere la performance e abbandonare il palco per poi ritornarci da solo con la chitarra acustica. In quello che era il tempio del folk e, quindi, dell’acustico si stava assistendo a quel processo famoso ormai come “la svolta elettrica”.
Per la cronaca l’artista era Bob Dylan e la canzone Like a Rolling Stones, al secolo ritenuta la seconda canzone più bella della storia dopo Imagine di Jhon Lennon.
Il punto è che questa nuova musica era profondamente diversa dalla precedente anche per i contenuti che aveva, spesso di rottura con il passato e sempre radicali. Il tema principale del Beat focalizza la realtà in cui si vive evidenziandone tutti i limiti e le problematiche o proponendo svolte totali nei modelli comportamentali, un concetto che si estende dal pacifismo alla minigonna per intenderci.
Anche in Italia non sono mancati i tentativi di proporre canzoni di protesta ovattate però dallo stretto controllo che c’era all’epoca sulla cultura e sulla radio-diffusione e per la verità dai tanti dubbi sulla sincerità della proposta o sulla adesione alla moda del momento. Nasce i quegli anni la così detta “Linea Verde”, un tentativo di unire gli sforzi delle canzoni di protesta per tentare di farne una specie di movimento, sponsorizzata dal famoso paroliere Giulio Rapetti (in arte Mogol) con l’intento dare nuova linfa alla canzone italiana.
Alla “Linea Verde” può essere attribuita l’origine della canzone ambientalista italiana. Da questa ispirazione sono nate canzoni esortative come Uno in più e C’è chi spera, interpretate da Riky Maiocchi, Il cammino di ogni speranza della Caselli, Occhiali da sole di Jonathan & Michelle, e la canzone manifesto del movimento La linea verde dei Bushmen. Ecologia e rispetto per l’ambiente sono stati un tema ispiratore per le canzoni di protesta in tutto il mondo come testimonia ad esempio l’album What’s Going On di Marvin Gaye; in Italia hanno avuto sicuramente inizio con Adriano Celentano e Il ragazzo della via Gluck del 1966. «Questa è la storia di uno di noi, anche lui nato per caso in Via Gluck, in una casa, fuori città, gente tranquilla, che lavorava. Là dove c’era l’erba ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai, dove sarà?» parole tratte dal brano che fu presentato al Festival di Sanremo del 1966 per essere eliminato dai giurati nelle fasi finali perché considerato troppo diverso dal resto ma che ha fatto del “Molleggiato” un vero e proprio anticipatore dei temi dell’ecologia e dell’ambiente nella musica italiana. Inizia così un suo nuovo modo di denunciare lo “sviluppo sconsiderato” che ritorna con coerenza nel corso di tutta la carriera di Celentano (altro pregevole esempio è la canzone Il contadino cover di Hold on, I’m Coming di Sam & Dave). La “Linea Verde” ereditò in Italia buona parte di questi temi, in coerenza con l’interesse dimostrato per essi da Mogol e Battisti.
Un altro classico della canzone italiana a tema “verde” è Ricordati di Chico composta dai Nomadi e dedicata a Chico Mendes, il sindacalista brasiliano ucciso sull’uscio di casa il 22 dicembre del 1988, per aver lottato contro la distruzione della foresta amazzonica e per la dignità dei suoi abitanti. Il brano si apre con queste parole: «I signori della morte hanno detto sì, l’albero più bello è stato abbattuto, i signori della morte non vogliono capire, non si uccide la vita, la memoria resta. Così l’albero cadendo, ha sparso i suoi semi e in ogni angolo del mondo, nasceranno foreste. Ma salvare le foreste vuol dire salvare l’uomo, perché l’uomo non può vivere tra acciaio e cemento, non ci sarà mai pace, mai vero amore, finché l’uomo non imparerà a rispettare la vita…». Chico Mendes rappresenta una figura di riferimento per tutto il movimento ecologista del sud America; sempre a lui hanno dedicato una canzone – Cuando los angeles lloran (Quando gli angeli piangono) – i Manà, che per tributarlo nel tour del 1992, del 1993 e del 1994, distribuirono centinaia di buste contenenti semi di alberi. «Quando gli angeli piangono è per ogni albero che muore è per ogni stella che si spegne…».
Sulla scena internazionale, tra i classici verdi in particolare vi propongo di ascoltare: My City Was Gone dei Pretenders, un racconto triste circa la distruzione della città di Akron, in Ohio e la creazione delle periferie senza anima, la splendida e struggente Mercy, Mercy Me (The Ecology) di Marvin Gaye, che racconta dell’inquinamento dei mari e dei pesci a causa di petrolio e del mercurio, Nothing but Flowers dei Talking Heads e Big Yellow Taxi di Joni Mitchell, canzone eseguita il 16 ottobre 1970 presso il Pacific Coliseum a Vancouver (Canada), nel corso di un emozionante concerto tenuto assieme a James Taylor e Phil Ochs, organizzato dall’avvocato e attivista Irving Stowe per raccogliere fondi per finanziare la spedizione su di un peschereccio di undici attivisti ecologisti ad Amchitka, isola al largo dell’Alaska dove gli USA conducevano dei test nucleari. Il riscontro sulla stampa fu tale che, sebbene gli attivisti furono fermati prima di raggiungere l’obiettivo, il governo degli Stati Uniti diede l’ordine di arrestare i test e l’isola fu restituita alla natura.
Quel peschereccio si chiamava “Greenpeace”, e quell’iniziativa, prima di una lunga serie, diede vita al movimento ecologista pacifista noto con lo stesso nome. Un’azione sintomo di una presa di coscienza, che si diffuse in America tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 e che portò a manifestare i giovani dell’epoca soprattutto contro i test nucleari.
Tra i nuovi esponenti nella scena discografia green-oriented Eddie Vedder dei Pearl Jam, attivo in numerosi movimenti culturali, ecologici e socio-politici, autore di Into the wild colonna sonora dell’osannato film omonimo di Sean Penn, e l’islandese Bjork da sempre in prima fila nella difesa della madre terra e portavoce di “Náttúra” la campagna per la salvaguardia dell’ambiente che finanzia i progetti ecosostenibili di piccole aziende islandesi. Tra i militanti storici ci sono poi senza dubbio gli irlandesi U2, molto vicini a Greenpeace. In Italia il tema ecologico è fonte d’ispirazione più che per i big della canzone, per i gruppi emergenti o conosciuti solo localmente. La crescente attenzione ai temi ambientali nella musica è evidenziata anche dalla grande diffusione di eco-festival.
Il più importante d’Europa è il “Roskilde Festival”, un festival che pone grande attenzione al trasporto pubblico come mezzo di spostamento per i partecipanti, alla raccolta differenziata, a un utilizzo moderato di energia elettrica, e alla preparazione di cibi vegetariani e biologici per limitare l’impatto dell’uomo sul pianeta.
Colonna sonora consigliata
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