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Più potere ai cittadini europei

Si chiama “Ice”, acronimo di “Iniziativa dei cittadini europei”. È una sorta di referendum propositivo: con un milione di firme si può ottenere una proposta di legge dalla Commissione europea. Ecco come funziona.

C’è un nuovo e interessante strumento di democrazia partecipativa in Europa. Un mix tra una legge d’iniziativa popolare e un referendum propositivo. Si chiama “Iniziativa dei cittadini europei” (Ice) e dopo un percorso lungo e travagliato, nelle prossime settimane vedrà finalmente il proprio compimento.

Ideato nel 2009 con il Trattato di Lisbona, che l’ha inserito nella versione “consolidata” del Trattato sull’Unione europea, rodato tra consultazioni pubbliche, proposte di regolamento e variazione di moduli, lo strumento ha preso il via ufficialmente ad aprile 2012, quando è decollato il lungo iter delle prime proposte collettive.

Ma cos’è, in sostanza, il nuovo “Ice”, che nulla a che fare con il nostro Istituto per il commercio estero né con l’ennesimo acronimo di qualche originale balzello?

Si tratta di una “petizione collettiva”, sottoscritta da almeno un milione di persone, che “inchioda” i Palazzi europei alle responsabilità amministrative. Cioè una moltitudine di cittadini si aggrega nel suggerire una proposta e la Commissione europea è chiamata non solo ad affrontare quello specifico tema, ma anche eventualmente a presentare una bozza legislativa sulla stessa materia.

Il diritto d’iniziativa garantisce, quindi, alle persone di prendere parte senza intermediari all’elaborazione delle politiche comunitarie.

Ovviamente nel vecchio continente gli argomenti non mancano. Accompagnati dalla creatività nel proporli.

Così, ad esempio, s’è messo in moto il comitato di cittadini che lancia l’idea di portare i limiti di velocità a massimo 30 chilometri all’ora in tutti i centri urbani. 

Con buona pace degli amanti del brivido (e del pericolo). C’è poi chi sogna una direttiva europea che migliori il benessere delle 23 milioni di vacche da latte che vivono nel nostro continente. E chi auspica un inno europeo in esperanto.

Si potevano poi lasciare sfuggire l’occasione coloro che mirano ad istituire il reddito minimo garantito, a legalizzare la cannabis o a sospendere la sperimentazione sugli animali?

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Come dar vita ad una Ice?

Quali sono, nel concreto, i passi che un comitato di persone deve compiere per proporre un’Iniziativa dei cittadini europei?

Il primo è quello di individuare una tematica che rientra tra quelle in cui la Commissione ha il potere d’iniziativa legislativa. Ventaglio ampio, dall’agricoltura all’ambiente, dall’energia alla giustizia, dai trasporti agli aiuti umanitari. Ma non è inclusa, ad esempio, la politica estera, né si possono modificare i trattati comunitari. E se proprio non si conoscono le materie accettabili, è la stessa Commissione che comunica l’ammissibilità prima che inizi la raccolta delle firme. Il quadro completo è qui:

http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/competences/faq.

Il secondo step, previsto dall’articolo 8 del regolamento (211/2011 del Parlamento europeo), è la costituzione di un comitato di almeno sette persone maggiorenni che vivono in sette diversi Stati comunitari. Sono esclusi i deputati del Parlamento europeo. A questo punto va registrata l’iniziativa: si può fare in una delle 23 lingue ufficiali dell’Unione europea, fornendo tutta una serie di informazioni, compreso il riferimento ai trattati comunitari. La Commissione deve rispondere entro due mesi, dando l’eventuale via libera e introducendo il documento nell’apposito registro on-line.

Da questo momento il comitato ha un anno di tempo per raccogliere, su carta o per via elettronica, il milione di firme. Da un punto di vista tecnico, l’operazione non è così complessa come potrebbe apparire: la Commissione europea fornisce gratuitamente un software open-source proprio per la raccolta di firme on-line. Il regolamento ne prevede l’assemblaggio in almeno sette Stati membri (c’è un numero minimo di firme in ogni nazione): vanno poi presentate ad ogni Stato membro coinvolto, che ne deve accertare la validità, rilasciando un certificato finale. L’articolo 19 richiede anche l’indicazione di eventuali forme di sostegno o finanziamento ricevuto per l’iniziativa. Tutte le informazioni vengono pubblicate sul sito web della Commissione.

Se le verifiche non fanno emergere problemi, la missione si compie con la presentazione dell’iniziativa alla Commissione europea, un’audizione pubblica al Parlamento europeo e la possibilità che la Commissione proponga una nuova legge, trasmettendola al Parlamento europeo e al Consiglio per l’approvazione{/AF}

 

E c’è persino chi vuole classificare le sigarette elettroniche come prodotti ricreativi.

Sono comunque le materie ambientali a primeggiare tra le scelte. E nel modo più serio. Raccogliendo il numero più alto di firme. Segno che l’attenzione per l’ambiente, almeno sulla carta, non conosce confini. 

Non può essere allora un caso se tra le uniche tre proposte che hanno superato lo scoglio delle verifiche nel 2013, la prima è stata Right2Water (www.right2water.eu/it). L’iniziativa pone al centro il diritto dell’acqua pubblica, tema particolarmente sentito dai cittadini europei: “Right2Water” ha ricevuto ben 1.659.543 firme convalidate, oltrepassando la soglia minima di raccolta in tredici Stati membri (Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovacchia, Slovenia e Spagna).

La proposta esorta la Commissione a predisporre una normativa per sancire “il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dalle Nazioni unite”.

Il comitato promotore chiede inoltre che la gestione delle risorse idriche non sia soggetto alle “logiche del mercato unico” e che i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione. Gli organizzatori della petizione stanno per essere invitati ad un’audizione pubblica a Bruxelles, presso il Parlamento europeo, per spiegare in modo più approfondito le proprie idee.

La Commissione europea dovrà poi decidere se intervenire adottando una legge o agire in altro modo per raggiungere gli obiettivi dell’iniziativa. Potrà anche non intervenire affatto, ma dovrà comunque rendere note le motivazioni attraverso una comunicazione adottata dal collegio dei commissari.

Le altre due proposte che hanno avuto il via libera nel 2013 sono state Stop Vivisection (www.stopvivisection.eu/it) e Uno di noi (www.oneofus.eu/it), rispettivamente in difesa della vita animale e umana.

Tutte le iniziative giudicate idonee dopo i due mesi di verifica previsti dal regolamento debbono essere analizzare dalla Commissione europea entro tre mesi dal deposito delle firme.

L’organismo comunitaria è obbligato anche a promuovere un’audizione pubblica del comitato organizzatore e a predisporre una comunicazione in cui spiega come intende intervenire.

Sempre in ambito ambientale, la proposta per la sospensione del Pacchetto Energia & Clima dell’Unione europea del 2009 è in fase di verifica delle firme, mentre non sono andate in porto quelle per l’abolizione degli inceneritori e per l’istituzione dell’ecocidio, cioè la responsabilità per un danno ambientale esteso.

Ma, ne siamo certi, i promotori non demorderanno.