Che il 2015 fosse stato un mezzo disastro per le energie rinnovabili è notizia ormai metabolizzata ma che fosse stato un vero e proprio fallimento ci è stato confermato dai dati TERNA sulla produzione che hanno certificato come nell’anno appena concluso ci sia stata addirittura una riduzione della produzione da FER.
Una notizia, anzi un vero e proprio scossone per noi tutti impegnati in questo settore, che è cresciuto ovunque, in Europa e nel Mondo, ma che in Italia resta al palo. Nessuna reazione invece dai piani alti della politica. Evidentemente la bandiera della sostenibilità, della Green economy sventolata ai quattro venti come motore di rinascita per la nostra economia disastrata è stata ben presto ammainata, tra silenzi complici e sterili cambi di rotta.
Inizia il 2016 e la cronaca energetica, come in un flash back, è monopolizzata dalle fonti fossili: da una parte la politica di autosufficienza che passa dallo sfruttamento di petrolio e gas nostrano, dall’altra comitati e amministrazioni regionali che si oppongono tenacemente (o forse no) alla vituperazione del sottosuolo e dei fondali, necessaria per continuare a procacciare e bruciare idrocarburi.
Siamo sempre lì, la questione resta aperta, ciò che lascia interdetti è l’imbarazzante comportamento del nostro Governo che ha lasciato che il 2015 passasse senza intervenire minimamente nella situazione critica delle rinnovabili in Italia. Siamo al paradosso; il mondo delle FER non fotovoltaiche è più di un anno che attende il decreto che avrebbe dovuto definire gli scaglioni e le date delle aste competitive per l’assegnazione degli incentivi. Quasi sicuramente dovremo aspettare ancora un altro mese con la prospettiva di veder emanato un decreto con una drastica riduzione nei livelli di incentivazione e che farà riferimento ad un obiettivo temporale limitato, visto che già nel 2017 è prevista una ulteriore rimodulazione. E intanto un anno è volato via, perso. Quante risorse, quanta occupazione, quanta ricchezza quanta crescita lasciata per strada. Di tutto questo scempio, siamo sicuri, mai nessuno ne risponderà.
Le rinnovabili ad oggi crescono ovunque, i dati riferiti all’ultimo anno vedono evoluzioni significative in Paesi in via di sviluppo come in giganti mondiali quali Cina e Stati Uniti, che danno seguito agli impegni discussi durante la COP21 dimostrando effettivamente di scommettere su un deciso cambio di rotta. Certo la strada verso la decarbonizzazione è lunga, ma le premesse per una svolta epocale ci sono tutte.
E l’Italia? Il Ministro Galletti, proprio in occasione della Conferenza parigina, si è schierato a favore di una linea rigorosa di cambiamento chiedendo a gran voce di attuare strategie atte a limitare a 1,5°C (invece che a 2°C) l’aumento massimo della temperatura terrestre. Se non fosse comunicazione distorta sarebbe qualcosa di ben più grave. In tutto questo va considerato inoltre che gli effetti sulla situazione energetica nazionale si vedranno anche nei prossimi due anni, fondamentali perché che ci porteranno a definire gli obiettivi di lungo termine. Un piano di crescita che verrà presentato nel 2018 alla Commissione Europea e che dovrà risultare credibile ed affidabile soprattutto se confrontato con quelli di altri Paesi, ad esempio la Danimarca, che già ad oggi dimostrano di avere le carte per arrivare a breve a coprire una fetta di produzione con FER pari a circa la metà del totale.
A questo punto tutti noi, operatori, associazioni, imprenditori, cittadini e attivisti, gradiremmo solo una cosa: chiarezza. Che il Governo Renzi oggi ci dica che futuro vede per il settore delle rinnovabili. Ci sono in ballo obiettivi ambiziosi, tecnologia in fermento, posti di lavoro, salute e avvenire. Ci dicano cosa vogliono che ne facciamo di tutto ciò. Noi siamo pronti, la palla passa a voi.
Simone Togni