A valle della CoP21 di Parigi è sempre più importante delineare strategie concrete per decarbonizzare la filiera energetica del nostro Paese. Lo scorso ottobre l’ENEA aveva anticipatamente pubblicato un rapporto dal titolo “Pathways to Deep Decarbonization in Italy” (Percorsi verso la decarbonizzazione profonda in Italia) che evidenzia cinque linee strategiche per una decarbonizzazione massiccia del comparto energetico, sia riconsiderando il mix di fonti per la produzione di energia elettrica, che riformando le dinamiche dei consumi energetici.
In un’ottica al 2050, in cui è previsto un incremento dei costi connessi alla produzione energetica da fonti fossili, secondo le stime ENEA si potrebbe arrivare ad una riduzione dell’80% delle emissioni di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990. Tale traguardo comporterebbe anche significative ricadute economiche, stimate in un risparmio fino a 66 miliardi di euro sulla bolletta energetica nazionale. Inoltre, un terzo beneficio sarebbe conseguentemente quello di riduzione della dipendenza energetica dall’estero, dal momento che l’attuazione di tali scenari comporterebbe una riduzione dal 77% attuale fino al 30-35% nel 2050, con importanti ed ovvie ricadute anche nella situazione geopolitica internazionale. In ultimo, non per importanza, non bisogna trascurare le ricadute occupazionali legate alla decarbonizzazione energetica, grazie soprattutto all’incremento dei posti di lavoro dovuto ad un aumento della domanda di energia prodotta da rinnovabili.
Per passare dalla teoria alla pratica, occorre comunque considerare le principali criticità che in Italia ancora oggi ostacolano tale ambita decarbonizzazione energetica, in modo da poterle concretamente affrontare pianificando strategie d’azione multidisciplinari. Tra queste, l’ENEA include la scarsa accettabilità sociale di alcune opzioni tecnologiche come la CCS (Cattura e sequestro del carbonio), l’eolico offshore, il fotovoltaico a terra, l’utilizzo di terreni agricoli per la produzione di biomassa destinata alla generazione energetica e la realizzazione di infrastrutture atte al trasporto e alla distribuzione dell’energia. La rete elettrica rappresenta purtroppo anche una seconda tipologia di ostacolo, in termini di incentivi economici necessari ad una ristrutturazione mirata alla gestione di ingenti quantitativi energetici intermittenti poiché prodotti da fonte rinnovabile non programmabile (principalmente fotovoltaico ed eolico).
Oltre a ciò, la crescita del fotovoltaico di qualche anno fa ha comportato un’importante diffusione della generazione distribuita, e quindi della necessità di riuscire a gestire in maniera intelligente tale flusso energetico causato dai numerosissimi impianti di produzione diffusi sul territorio nazionale. Molto infatti sta investendo Terna per cercare di ottimizzare la rete elettrica nazionale proprio per utilizzare al massimo l’energia prodotta da fonte rinnovabile e ridurre la mancata produzione elettrica. Anche la CCS ha un doppio fattore di criticità, anch’esso economico, difatti ad oggi questa soluzione comporta dei costi che ne limitano notevolmente lo sviluppo. Occorrono, quindi, per le tecnologie CCS ma anche per quelle di produzione energetica da rinnovabile, investimenti in R&S tese alla diffusione di tecnologie avanzate a basse emissioni anche nei processi produttivi.
Ad ogni modo, è piuttosto evidente che tale rivoluzione energetica dovrà necessariamente prevedere una intensa elettrificazione degli usi energetici finali, utilizzando al meglio la produzione elettrica del nostro Paese proveniente in gran parte da fonti di energia pulita, locale e che non richiede l’acquisto di combustibili dall’estero.
Inoltre, per quanto concerna l’ottimizzazione dei consumi energetici, è necessario sottolineare che attualmente efficienza energetica vuol dire anche e anzitutto la misurazione dei dati tramite sistemi di smart metering che permettono di misurare ed elaborare i dati delle varie utenze, gestendoli correlatamente e coerentemente con quelli di produzione energetica.
Infine, a partire dagli ultimi anni, si nota sempre più che tale decarbonizzazione della filiera energetica nazionale ed internazionale gode di alleati provenienti da realtà imprenditoriali o associative che per loro obbiettivo sociale, produttivo o di servizio, non sono coinvolte direttamente nel settore. Difatti, sempre più aziende si rendono conto che occuparsi di efficienza energetica ed utilizzo di fonti rinnovabili non è un onere ma una opportunità, o in taluni casi una necessità di sviluppo. Ad esempio, sono moltissime le grandi imprese multinazionali che autonomamente hanno introdotto nei propri bilanci il costo dell’emissione di CO2, stimandolo quasi sempre con importi molto maggiori dell’attale valore dell’ETS. Sembra quindi che tanti imprenditori già si rendano conto che in tempi brevi tali importi, ad oggi sovrastimati, rappresenteranno il prezzo che tutti, direttamente o indirettamente, dovranno pagare relativamente alle emissioni di gas climalteranti.
Davide Astiaso Garcia