Costituita nel 2011 per dare un volto proprio alla Divisione Energie Rinnovabili della Toto Spa, Renexia si occupa dello sviluppo, della progettazione, della costruzione e della gestione di impianti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili.
Un’organizzazione efficiente e flessibile, modulata in quattro unità per aree di competenza, le consente di operare su un ampio spettro di energie “verdi”, dal fotovoltaico all’eolico, dall’idroelettrico alle recenti applicazioni della geotermia.
La lunga esperienza maturata dalle altre società del Gruppo le permette un approccio da EPC contractor, garantendole un controllo complessivo del ciclo di vita degli impianti, dalla progettazione alla manutenzione. Abbiamo sentito Paolo Sammartino, C.O.O. di Renexia, per avere qualche ragguaglio sulle attività dell’azienda.
Per un’azienda con un core business così solido come Toto Holding, come è nata la volontà di investire nel settore delle rinnovabili?
Il Gruppo ha analizzato e valutato le potenzialità di crescita che ha nel nostro Paese, come nel resto del mondo, il settore delle energie rinnovabili. Un campo che consente anche di perseguire un obiettivo sociale non da poco: poter contribuire responsabilmente a ridurre le emissioni di CO2. Nasce dalla combinazione di questi due elementi la scelta presa dieci anni fa dal Gruppo di cimentarsi nel campo dell’eolico, del fotovoltaico e delle tecnologie rinnovabili.
Per quanto riguarda le FER, Renexia vanta numerosi progetti eolici in Italia. Quali sono i progetti già esistenti e quelli in fase di costruzione? I MW installati?
Attualmente come Renexia abbiamo realizzato o stiamo realizzando diversi grandi progetti. Per tutti abbiamo seguito l’intero processo, che va dallo sviluppo e progettazione alla costruzione. Un supporto decisivo ci è venuto dal poter contare sulle sinergie di Gruppo, che si hanno permesso di poter contare sulle experties della consorella Toto Costruzioni Generali. Nel dettaglio abbiamo realizzato: l’impianto fotovoltaico Monteboli, 24 MW; l’impianto fotovoltaico rooftop Intesun, 3,5 MW; l’impianto eolico Ponte Albanito, 22,8 MW; per un totale di 50,3 MW di potenza istallata.
Mentre, per quanto riguarda le iniziative in via di realizzazione, ci sono: l’impianto eolico Circello, 27 MW (in costruzione); l’impianto eolico Casalduni, 36 MW (da presentare per il prossimo sistema di aste FER). Una volta entrati in funzione, questi impianti rappresenteranno 63 MW di potenza. Inoltre stiamo sviluppando in Nord Africa ulteriori 90 MW di eolico.
Nell’ambito degli investimenti internazionali la sua società ha raggiunto lo straordinario traguardo di aggiudicarsi la costruzione del più grande parco eolico offshore degli Stati Uniti, rientrando nel piano strategico dell’amministrazione Obama per lo sviluppo delle rinnovabili. Di cosa si tratta nel dettaglio?
La US Wind Inc. è la compagnia americana del Gruppo, controllata proprio da Renexia, che ne detiene il 100% del capitale. La società in America si è recentemente aggiudicata la concessione per la realizzazione del Parco Eolico offshore in Maryland. Il parco eolico, che impianteremo nello specchio di oceano davanti al Maryland, destinerà una parte della potenza vale, a dire 250 MW, che verrà tariffata tramite il sistema OREC (Offshore Renewable Energy Credits). Un meccanismo questo che prevede, a fronte di una tariffa “Feed In” omnicomprensiva, delle ricadute economiche importanti per il sistema Paese. Un esempio per tutti, la fabbricazione di parte dell’equipment sarà realizzata o costruita in loco. Oltre al Maryland stiamo predisponendo la firma del contratto di concessione anche per l’asta del New Jersey, altro Stato in cui siamo risultati aggiudicatari di una gara sempre di offshore wind e sempre con la società USWind.
Questa esperienza internazionale le consentirà di tirare le somme sulla gestione della materia FER in una Paese come gli USA. Come la giudica e cosa crede possa fungere da esempio per l’Italia?
Il sistema OREC americano per l’offshore wind, come accennavo, punta molto nel generare ricadute importanti anche sul piano dell’industria nazionale. Un vantaggio quindi che si riverbera sul tessuto economico del territorio che le promuove. Basti pensare che per impianti offshore di questa dimensione, molte componenti del “Balance of Plant” devono essere fabbricate sul posto. In questo modo gli Stati Uniti hanno evitato fenomeni di “colonizzazione delle manifatture”, che invece abbiamo subito in Italia con il fotovoltaico. Un altro elemento di rilevo che abbiamo sperimentato con favore è la “certezza amministativa”. Abbiamo partecipato a delle gare pubbliche realizzate sulla base di norme certe, soprattutto nei tempi. Tanto da permettere una pianificazione puntuale degli investimenti a lungo termine. Questi due elementi, unitamente alla recente introduzione del meccanismo Tax Credit, permettono una effervescenza ed una attenzione alle rinnovabili senza pari. Potrebbe essere, e l’auspichiamo, un’esperienza ampiamente replicabile nel nostro bel Paese.