Il grave stallo delle installazioni da fonti rinnovabili nel nostro Paese è, purtroppo, destinato a perdurare a lungo alla luce dei ritardi nella predisposizione degli strumenti normativi necessari alla realizzazione di nuovi impianti.
Questo ritardo è oramai di oltre 17 mesi (!) e comporterà senza dubbio il rischio serio di non raggiungere gli obiettivi assunti in termini di potenza installata e produzione elettrica da fonti rinnovabili, seppur oggi, con il drastico calo dei consumi elettrici, sembra possibile ottenere la percentuale minima del 17% entro il 2020.
Sappiamo però che la recente decisione assunta a Parigi nell’ambito della COP21 ci indica obiettivi assai più importanti al 2030 che il nostro Paese ha ratificato a New York nel giorno della Giornata Mondiale della Terra (Earth Day 2016), e che dovranno rapidamente trasformarsi in target chiari, vincolanti e sufficienti a mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei famosi 2° Centigradi.
Nel frattempo, l’Italia ha aumentato nel 2015 le proprie emissioni di gas climalteranti con un incremento del 2,5%, calcolato dall’ultimo rapporto della Fondazione Sviluppo Sostenibile. Tale crescita sarebbe figlia dell’aumento seppur minimo dei consumi, del calo del prezzo di petrolio e gas, del rallentamento delle politiche in tema di efficienza energetica, delle congiunture climatiche e del blocco delle nuove fonti rinnovabili!
Dato questo scenario, quindi, si rende necessario un rapido e deciso intervento del nostro Governo teso a far ripartire un settore che, per sua natura, ha bisogno di tempo per poter riavviare le installazioni e quindi per poterne apprezzare i risultati. Se, infatti, si ripartisse subito approntando gli strumenti normativi necessari, non avremmo comunque significativi ritorni prima del 2018, quindi è necessario correre per poter invertire il trend e rimetterci in linea con gli impegni assunti.
In questo contesto si inserisce poi un ragionamento assai delicato che riguarda proprio le politiche necessarie a supportare il raggiungimento degli obiettivi. Infatti, tutti gli impegni presi dal nostro Paese assumono come elemento di base che si debba aggiungere all’attuale situazione un certo quantitativo di energia elettrica da fonte rinnovabile. Tuttavia esiste un rischio e cioè che le politiche di sostegno delle nuove installazioni siano vanificate dalla riduzione delle produzioni degli impianti a fine vita che, terminando il periodo di sostegno, si vedrebbero costretti a bloccare progressivamente il loro esercizio a causa dei costi di manutenzione superiori ai ricavi.
Questa eventualità è ovviamente da considerare e da affrontare approntando strumenti ad hoc per consentire di intervenire in modo da non perdere queste produzioni. Non a caso nel resto d’Europa, dove gli impianti eolici esistono da molti anni come in Germania, Spagna e Danimarca, esistono normative specifiche per l’allungamento della vita degli impianti eolici, ovvero per la loro sostituzione con aerogeneratori di nuova concezione.
Per chiarire i contorni della questione, si consideri che oggi in Italia ci sono circa 6.500 aerogeneratori dei quali circa la metà è di potenza inferiore ad un MW con una potenza media di 760 kW. Queste macchine nei prossimi anni finiranno la loro vita tecnica e potranno essere sostituite con quelle nuove. Considerando che la taglia media degli aerogeneratori installati negli ultimi 5 anni è stata superiore ai 3 MW, è facile pensare che il passaggio avverrebbe sostituendo almeno 4 vecchi aerogeneratori con uno nuovo. Quindi, a fronte di oltre 3000 aerogeneratori, ne avremmo non più di 850 con un risultato importante dal punto di vista energetico (maggiore produzione), paesaggistico (riduzione significativa degli impatti), occupazionale (significherebbe sostenere l’industria eolica nazionale), economico (i nuovi impianti necessiterebbero di incentivi assai più bassi) e ambientale (si potrebbero raggiungere gli impegni di produzione rinnovabile assunti).
Inoltre, da un punto di vista tecnico, i nuovi aerogeneratori hanno significative evoluzioni tecnologiche da offrire sia per il rumore (pressoché azzerato), sia sui servizi di rete che tanto importanti saranno nel breve e medio periodo per fare fronte al nuovo mercato elettrico che, auspichiamo, consentirà anche alle fonti rinnovabili non programmabili di poter contribuire al funzionamento con l’offerta di servizi di rete, oggi preclusi a tali fonti.
Ovviamente, a fronte di questa importante opera di rinnovamento del parco eolico nazionale, dovranno essere finalmente predisposte politiche lungimiranti, stabili ed efficaci per la realizzazione dei nuovi impianti che ci dovranno portare in tempi rapidi a poter realizzare i nuovi impianti necessari a raggiungere gli obiettivi assunti e a rinnovare l’attuale parco produttivo con i necessari rifacimenti.
Un nuovo quadro normativo dovrà quindi innanzitutto agire in modo deciso sulla semplificazione delle norme vigenti, magari anche ispirandosi a quanto già si fa in molti Paesi europei, e soprattutto andrebbero definiti meccanismi di sostegno specifici per sostenere i nuovi impianti, magari superando l’attuale schema degli incentivi alla produzione e passando a sistemi di agevolazioni fiscali che potrebbero coniugare l’esigenza degli operatori con la volontà di ridurre gli oneri sul sistema.
L’Italia può essere un Paese rinnovabile ma per fare questo serve che innanzitutto diventi un Paese rinnovato.