Sta emergendo con sempre maggiore prepotenza negli ultimi tempi una volontà di cambiamento che riguarda le diverse sfere della socialità. Questo accade prevalentemente grazie alla crescente consapevolezza, frutto di una diffusione dell’informazione sempre più capillare alla quale ognuno può attingere.
Questa facilità di conoscere dati, informazioni e motivazioni sta comportando una particolare attenzione al perché e al come, e stimola ognuno a documentarsi maggiormente in ogni campo, che sia la politica, la sfera commerciale, la questione ambientale. Da qui il fiorire di movimenti “dal basso”, verso cui, spesso strumentalmente, si concentrano le attenzioni degli stakeholders.
Con riguardo alla questione energetica, il livello di sensibilizzazione sta crescendo in maniera esponenziale, grazie anche alle campagne di corretta informazione sul tema da parte di associazioni di categoria e ambientaliste, che negli anni stanno riuscendo a veicolare, e finalmente a far attecchire in un substrato sempre più fertile, la realtà di un settore come quello delle rinnovabili che sgomitando sta affermandosi come necessità imprescindibile.
Proprio grazie a questa maggiore conoscenza e consapevolezza è sempre più facile far comprendere il perché sia necessario realizzare parchi eolici, quali sono i bisogni, quali le reali necessità di produrre energia pulita. Questa maggiore conoscenza fa sì che risulti difficili ai giorni d’oggi trovare qualcuno che possa essere contro questa tecnologia o contro le rinnovabili in generale dato che l’eolico è visto spesso come l’esempio per eccellenza di questo mondo.
Corretta informazione, si diceva, ma soprattutto consapevolezza. Basti ricordare come i cittadini si sono espressi con estrema decisione sul nucleare e come segnali forti siano giunti anche dall’ultimo referendum sulle trivelle, nonostante gli improvvidi inviti a disertare le urne. La verità è che ormai nessuno vuole più un sistema energetico basato sulle fonti fossili, siano esse carbone, gas o petrolio. Non piace il vecchio sistema basato sui poteri concentrati in poche mani, con controlli talvolta troppo leggeri e troppa libertà operativa, ma soprattutto con la scellerata dipendenza da prezzi estremamente volatili e troppo facilmente influenzabili da crisi internazionali o sostenuti da equilibri precari trovati in Paesi politicamente instabili.
Di pari passo va sdoganata a livello istituzionale la visione delle rinnovabili come problema e non come risorsa. In tutti questi anni non si è mai assistito a un minimo di programmazione sull’intero sistema, si sono avvicendate in un continuo caos misure correttive, rivoluzioni confusionarie, provvedimenti ponte, che spesso si applicavano retroattivamente con la conseguenza di gettare nel panico gli operatori. La realtà di oggi vede la prossima emanazione di un decreto, pronto ormai da tempo, che non è quello riferito al 2017 bensì al 2015 e 2016, la cui operatività riguarda quindi un tempo pari a solo sei (!) mesi.
Se fosse una barzelletta si direbbe: “c’era un italiano, un tedesco e un americano, con il primo pasticcione e maestro nell’arte dell’arrangiarsi, il secondo lavoratore instancabile e il terzo rigoroso e ligio alle regole”… purtroppo in questo caso è realtà. Perché se noi discutiamo ancora sui massimi sistemi e accumuliamo ritardi su ritardi, in Germania, e non solo, si registrano giornate con consumi nazionali di energia elettrica da rinnovabili prossimi al 100%, e in altri Paesi – tra cui gli USA – vengono dati precisi indirizzi sulla necessità di investire nelle rinnovabili con meccanismi efficaci (tax credit), e obiettivi di sviluppo politico economico certo, ma anche e soprattutto per il benessere sociale.
Veniamo quindi alla questione morale dove le rinnovabili, per il loro aspetto intrinseco, dovrebbero trascendere da equilibri di natura politica e spostarsi sul piano dell’etica, del vivere sociale. Con lo sdoganamento del vecchio sistema energetico basato sulle fossili, la produzione di energia in un certo senso si democratizza scendendo di livello e arrivando alla portata di tutti. Oggi un aerogeneratore in un campo, i pannelli solari su un tetto, una piccola turbina su un ruscello, ci rendono liberi, e allora, con il rischio di banalizzare ma non troppo, potremmo finalmente svincolarci dall’ossessione del prezzo del petrolio, dalle bizze di uno sceicco, dai pirati nel Mar Rosso. Ognuno potrebbe, anzi potrà contribuire al proprio benessere ma soprattutto a quello collettivo.
E poi c’è da dire che se in tutto questo clima di incertezza, a volte potremmo dire di ostilità, siamo riusciti con il solo eolico a installare 9.000 MW in Italia, dettando a livello tecnologico in Europa le linee guida per lunghi tratti e a essere stati avanti a Francia e Inghilterra (fino a qualche tempo fa), immaginiamo dove potremmo arrivare con una programmazione di lungo termine che dia finalmente stabilità.
Le linee sono quelle, gli orizzonti anche, bisogna adesso concentrarsi al 2030 con obiettivi precisi. Noi abbiamo le idee chiare su tutto questo, le nostre battaglie oggi si chiamano sviluppo del significativo potenziale tecnico residuo e rinnovamento dei vecchi impianti ormai vetusti. Con i nuovi impianti si potrà avere maggiore indipendenza energetica, con il rinnovamento del parco esistente si potranno diminuire sensibilmente gli aerogeneratori installati.
In ogni caso si ridurranno gli impatti ambientali e paesaggistici, si aumenterà la generazione distribuita, anche grazie all’ottimizzazione della rete, e si continuerà a sviluppare l’industria eolica nazionale, sostenendo l’occupazione e la piccola e media imprenditoria nazionale. C’è ancora molto da fare, l’attenzione è massima, l’entusiasmo e la volontà non mancano, servono gli strumenti normativi che non possono ulteriormente essere procrastinati.