Gli attacchi al mondo delle rinnovabili si stanno intensificando anno dopo anno, prima con campagne denigratorie, poi con ostacoli tecnici e quindi con norme ad hoc per bloccarle. Questi ultimi anni sono stati per il settore un continuo fronteggiare ostacoli, ogni volta nuovi, ogni volta più alti, ogni volta più subdoli.
Queste reazioni giungono sempre dallo stesso mondo, quello che rappresenta il passato, l’industria oramai destinata a declinare e che per decenni ha guidato politiche energetiche, nomine politiche e tecniche, decisioni strategiche, investimenti e ricerca. Il futuro, e sempre più il presente, è invece delle tecnologie pulite, dell’industria rinnovabile che ha saputo resistere fino ad ora, combattendo su ogni fronte con ogni mezzo. Nei primi anni la contrapposizione è stata anche aspra, ma poi le Associazioni, almeno le principali, hanno saputo frapporsi e organizzare una rappresentanza organica e organizzata che capace di trasformare la contrapposizione in dialogo, talvolta anche molto deciso, ma focalizzato sui contenuti e sulle proposte.
Questa dialettica ha saputo far crescere molto il settore delle rinnovabili, che è arrivato oggi a essere rappresentativo di un’industria nazionale forte, pulita e innovativa, qualità che non si ritrovano in molti altri comparti industriali nazionali.
Oggi il clima è cambiato, non solo quello del nostro Pianeta ma anche quello politico rispetto alle tematiche ambientali, e sulla strada sembra quindi iniziare la discesa, o quanto meno concludere la salita, ma si sa: le cattive abitudini sono dure a morire…
Vediamo infatti che i Governi regionali e quelli nazionali, i regolatori e da ultimo pure il legislatore comunitario stanno iniziando a ragionare di nuove restrizioni, limitazioni allo sviluppo, definizione di criteri di esclusione delle nuove tecnologie, fino a ipotizzare addirittura il superamento di un elemento cardine come la priorità di dispacciamento.
Tutte queste previsioni sono evidentemente figlie di un tentativo, quello di difendere per quanto più tempo possibile le tecnologie fossili ostacolando la crescita impetuosa delle rinnovabili. Ogni passaggio sembra studiato per allungare la vita dei colossi del gas e del petrolio, per difendere le posizioni acquisite e le quote di mercato. Regole che limitano l’autoconsumo, oneri sulle rinnovabili, tasse, misure di tagli retroattivi, imposizioni di limitazioni al rinnovamento degli impianti Fer esistenti, meccanismi di aste al ribasso, sistemi di controlli sugli impianti (solo per le rinnovabili) che partono sempre dall’assunto che vi sia un reato prima ancora di verificare sono alcuni dei metodi utilizzati.
Queste politiche “protezionistiche” sono assolutamente miopi e porteranno al massimo a un rallentamento dell’ineluttabile cambio di paradigma che è comunque in essere e non si ferma. Cosa potrà far finalmente cambiare questo approccio? Solo una definitiva presa di coscienza da parte degli operatori fossili che il loro business può e deve cambiare in senso “green” e che prima lo faranno più probabilità avranno di rimanere campioni nazionali. Questo discorso non vale solo per il settore energetico, ma anche, e forse ancora di più, per quello automobilistico, dove questa visione da retroguardia, almeno nel nostro Paese, sembra averla vinta.
Tra queste considerazioni riteniamo abbia un ruolo fondamentale il mutato contesto internazionale sulle tematiche specifiche. I cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti quelli che non vogliano mentire a se stessi, con le conseguenze sulla natura e, molto più importante, sull’uomo, che sono sempre più significative.
La lotta a questi mutamenti è una priorità oramai per quasi tutti (attendiamo fiduciosi la definitiva retromarcia di Trump sul tema) che porterà a intensificare i passi verso una de carbonizzazione spinta. Obiettivi al 2030 e 2050 sono stati abbozzati a Parigi anche se con timidezza, ma passi avanti in senso più rigoroso se ne faranno ben prima di raggiungere quelle date, ne siamo sicuri. Quale sia la strada migliore ancora non è chiaro, se una carbon-tax o sistemi di quote obbligate, di certo c’è, ed è chiaro oramai a tutti, che i costi delle tecnologie pulite sono solo nominalmente maggiori ma se vengono computati i costi esterni già sono in molti casi più convenienti.
Il passaggio finale deve quindi essere quello di passare da una valutazione dei vantaggi per i singoli (dove ancora le fossili possono essere convenienti grazie alla mancanza di valutazione dei danni causati) alla valutazione dei benefici per tutti, in questa seconda strada, l’unica percorribile da persone di buon senso, non vi è dubbio che l’affermazione delle tecnologie rinnovabili avrà un solo limite che sarà dato dalla possibilità tecnica di giungere al 100% del loro utilizzo e, ne siamo fermamente convinti, ci si arriverà. Quindi avanti tutta e non facciamoci intimorire perché le battaglie giuste vanno combattute sempre!