La situazione politica vede una fase di stallo e di contrapposizione estremamente difficile da superare anche alla luce del complicato risultato elettorale che non consente ad oggi di poter avere un assetto governativo stabile né di potersene aspettare uno a breve. Eclatante a tal riguardo è la situazione relativa all’emanazione del Decreto attuativo per lo sviluppo delle Rinnovabili che il Ministro Calenda ha ritenuto di voler inviare per la concertazione al Ministero dell’Ambiente il giorno prima delle elezioni. Concertazione che il Ministro Galletti ha ritenuto di concedere proprio in questi giorni, con il risultato che oggi abbiamo una norma in fase di ottenimento dei pareri necessari da parte delle Conferenza Unificata e di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ma tale provvedimento è figlio di una maggioranza politica che oggi non c’è più. Proprio per questo motivo il Movimento cinque stelle e la Lega hanno diffidato il ministro Calenda dal procedere a completare l’iter di emanazione del Decreto. In effetti è assai curioso che un provvedimento di politica energetica così importante che dovrà definire l’attività dei prossimi anni di sviluppo e di investimento industriale in un settore primario come quello dell’energia, venga emanato dall’esecutivo espressione di quella classe politica risultata perdente all’ultima tornata elettorale. In effetti a vedere bene non ci sono grosse differenze nei programmi elettorali dei vari schieramenti politici rispetto agli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili nei prossimi anni, tutti infatti danno per scontato il necessario ricorso alle Fonti Rinnovabili per attuare quella transizione energetica necessaria a rispondere ai mutamenti climatici in essere e per contenere le emissioni climalteranti che ne sono la causa. Tuttavia diversi sono i rimedi che gli schieramenti hanno proposto per raggiungere quegli obiettivi e questo ovviamente è alla base dei programmi dei due partiti risultati vincitori della competizione elettorale. Il punto tuttavia è più intricato di quanto non sembri, infatti se da un lato vi è l’urgenza crescente da parte degli operatori per avere un testo utile a poter sviluppare le nuove iniziative, anche se non il migliore possibile, dall’altro è corretto che tale provvedimento venga emanato in linea con la nuova politica energetica del nostro Paese che il prossimo Governo vorrà definire.
D’altra parte vi è il serio rischio che i tempi di formazione del nuovo esecutivo possano andare per le lunghe e questo comporterebbe come conseguenza che il testo del Decreto riceva nel frattempo i pareri da parte della Conferenza Unificata e dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ammesso che le procedure per il rinnovo del Collegio procedano ovvero che vi sia una proroga pienamente operativa), diciamo in un mese e mezzo da oggi e che poi venga inviato formalmente a Bruxelles per il parere di compatibilità con le normative comunitarie. Ritornato da Bruxelles, che potrebbe rispondere in “solo” sessanta giorni, il testo sarebbe quindi formalmente completo di tutti i pareri necessari, e saremmo arrivati, nella migliore delle ipotesi, a non prima di agosto. A quel punto, qualora la situazione politica fosse ancora in fase di stallo si potrebbe verificare l’ipotesi che gli attuali titolari dei due dicasteri firmatari, Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell’Ambiente, decidessero comunque di procedere alla sua pubblicazione.
Tuttavia una soluzione di questo tipo lascerebbe molti con l’amaro in bocca in quanto una politica industriale di un Paese serio non può prescindere dalla definizione organica gli obiettivi, strumenti e soprattutto non può consentire ulteriori cambi di rotta in politiche industriali come quelle relative allo sviluppo delle energie rinnovabili. Doversi trovare da parte degli operatori un Decreto che definisce contingenti, meccanismi e procedure per realizzare nuovi impianti e sul quale predisporre le politiche di investimento per poi magari dover rivedere tutto alla luce delle correzioni apportate da un nuovo esecutivo che volesse mettere mano a quanto già fatto. Questo scenario sarebbe forse ancor peggiore di quello derivante da un ulteriore ritardo nell’emanazione del Decreto e quindi forse il male minore a questo punto sarebbe mettere tutto nelle mani dei nuovi Ministri sperando che abbiano la lungimiranza e la capacità di non disperdere il patrimonio di lavoro svolto e che riescano migliorare gli aspetti poco efficaci presenti nella bozza di Decreto, e ce ne sono, senza tuttavia buttare il bambino con l’acqua sporca.