I primi atti del nuovo Governo sembrano andare nella direzione di una continuità rispetto a quelli precedenti in tema di sviluppo delle politiche economiche, della sostenibilità e di attenzione ai mutamenti climatici. Abbiamo visto, infatti, il Ministro dello Sviluppo economico dapprima essere più favorevole all’aumento degli obiettivi del Piano nazionale energia clima, per poi dirsi invece soddisfatto di mantenere quelli definiti dai precedenti governi.
Il quadro generale tuttavia sta continuando a precipitare con un sensibile peggioramento dei dati ambientali che confermano l’urgenza di definire politiche efficaci di lotta ai mutamenti climatici. Gli effetti meteorologici estremi sempre più frequenti e sempre più violenti sono solo uno dei tanti indicatori che confermano la gravità della situazione attuale. In tale contesto i movimenti di opinione che sempre più stanno coinvolgendo le masse sono un chiaro ed evidente campanello d’allarme che i politici farebbero bene a non sottovalutare; i risultati politici di movimenti e partiti, anche a livello europeo, che stanno mettendo al centro della discussione politica l’ambiente, incoraggiano a proseguire in questa direzione e dovrebbero essere da stimolo per quei partiti che vorranno rinnovarsi inserendo nei loro programmi politiche ambientali importanti.
La tentazione di un “greenwashing” da parte di partiti politici è forte e sicuramente farà parte del tentativo di alcuni di accaparrarsi una fetta di elettorato sensibile ai temi ambientali ma la sempre maggiore conoscenza delle tematiche relative ai mutamenti climatici e l’aumento della partecipazione dell’elettorato giovane alle tornate elettorali farà sì che solo chi avrà una credibilità elevata su questi aspetti verrà premiato dagli elettori.
Le tematiche ambientali sono infatti estremamente complesse e scontano una grave carenza di informazione che ha portato la stragrande maggioranza degli osservatori a dover scegliere nel passato se essere dalla parte di chi urlava l’urgenza di ridurre le emissioni climalteranti o di chi sosteneva che non ve ne fosse bisogno perché si trattava di eventi ciclici non direttamente imputabili alle emissioni antropiche.
Pure oggi, nonostante la stragrande maggioranza degli scienziati concordi sul tema, al pari della quasi totalità delle pubblicazioni scientifiche, vi sono frange negazioniste che, basandosi su interviste, articoli o semplici commenti di pur rinomati personaggi del mondo della scienza, ritengono di poter aderire alla teoria della inutilità della riduzione delle emissioni climalteranti ai fini della salvaguardia del Creato.
Onestamente le evidenze delle sempre maggiori ripercussioni sulla vita umana dei mutamenti climatici in atto non potranno che avere la meglio anche su questi pochi, ma il timore è che quando ciò avverrà sarà a causa di eventi calamitosi talmente gravi da causare molte vittime e questo è inaccettabile.
Sembra quasi che non si riesca a comprendere come la salute di ogni individuo possa essere messa in competizione con l’interesse economico di alcuni, i costi della transizione energetica necessaria a salvare il pianeta non possono essere una scusa per continuare a bruciare combustibili fossili e a immettere CO2 in atmosfera, almeno se vogliamo salvare il nostro Pianeta. Proprio per questi motivi è giunto il momento di azioni drastiche per risolvere in modo definito la questione, trasformando ogni prodotto in un prodotto compatibile con la vita sulla Terra e ciò potrebbe essere fatto per il tramite di una seria politica di internalizzazione dei costi esterni all’interno dei singoli prodotti.
Far pagare per le emissioni generate è il primo passo per valorizzare le tecnologie sostenibili con quelle fossili sui veri costi. Da questa competizione verrà chiaro a tutti che, ricomprendendo i costi che ogni tecnologia genera effettivamente, le nuove tecnologie verdi sono spesso molto più convenienti di quelle tradizionali. Un sistema così congeniato tuttavia deve necessariamente partire da una base di Stati che lo applichino sia per i prodotti interni sia per le importazioni, in questo modo si eviterà che Paesi meno attenti agli aspetti ambientali possano fare dumping.
Bisogna urgentemente porre le basi per una vera rivoluzione energetica, con l’obiettivo di rendere concreta e reale la transizione che l’Italia è chiamata a fare entro il 2030. C’è bisogno in tempi rapidi di un piano di azione straordinario che riveda tutti gli aspetti relativi alle questioni energetico-ambientali ponendo in capo a un soggetto, in grado di coordinare queste attività, la responsabilità di raggiungere l’obiettivo fissato. Una cabina di regia che con una visione più alta possa coordinare e indirizzare le attività dei vari Ministeri con il fine di raggiungere l’obiettivo unico di decarbonizzazione del sistema paese italiano.
Questa strada già seguita da altre nazioni sembra l’unica oggi in grado di garantire efficacia e tempestività degli interventi e soprattutto di avere una diretta correlazione con la visione strategica e industriale verso la quale l’Italia deve e vuole andare. Insomma il tempo di agire è scaduto e le misure poste in essere sono poche e non sufficientemente efficaci, ora dobbiamo spingerci oltre con delle politiche decise e incisive che ribaltino completamente il paradigma produttivo al fine di salvaguardare l’ecosistema nel quale viviamo.
La casa brucia non è uno slogan ma un dato di fatto e nessuno verrà in nostro soccorso se non noi stessi, orientare i consumi è doveroso e può essere fatto prima ancora che dai politici con una tassazione ambientale e con scelte consapevoli che non sono figlie di utopiche visioni ma di concrete necessità!