Finalmente abbiamo l’opportunità di far compiere il nostro destino. I governi mondiali hanno preso coscienza dell’importanza assoluta che la lotta ai cambiamenti climatici riveste per il futuro del pianeta e stanno mettendo in campo tutti gli sforzi necessari a far sì che si possa invertire questa rotta sciagurata.
Decenni di lotte ambientaliste finalizzate al far prendere coscienza ai pubblici decisori della centralità della tematica ambientale nelle politiche di sviluppo del Paese stanno finalmente avendo l’effetto desiderato.
I trattati internazionali che nel corso degli ultimi lustri si sono succeduti hanno indicato meccanismi dapprima volontari, poi cogenti, di riduzione delle emissioni climalteranti che sono passati dall’essere puri auspici a mezzi concreti; oggi ci sono anche sistemi di controllo e sanzione non solo legate al raggiungimento degli obiettivi ma al percorso intrapreso.
Il 2020, da un lato, è stato l’anno di arrivo della prima direttiva comunitaria in termini di sviluppo delle fonti rinnovabili e, dall’altro, l’anno di partenza per l’attuazione degli obiettivi definiti a Parigi e declinati dagli Stati membri nei piani nazionali integrati energia e clima, che guardano al 2030 e al 2050 per l’abbattimento e l’azzeramento delle emissioni climalteranti, causa indiscutibile degli attuali gravi mutamenti climatici.
L’Italia in questo contesto si è trovata a combattere una battaglia di retroguardia molto criticata dai principali stakeholder che contestano il fatto di non aver compreso quanto lo sviluppo di queste tematiche sia, da un lato, necessario per motivi ambientali e, dall’altro, indispensabile per consentire una transizione occupazionale e industriale coerente con i livelli attuali.
Le nuove tecnologie consentono oggi di realizzare gli stessi prodotti con processi evoluti che garantiscono bassissime emissioni, se non nulle, e l’utilizzo di materiali riciclabili. Il principio dell’economia circolare cui dobbiamo tendere sempre più e quello che vede ogni processo inserito all’interno di una catena che consenta il riutilizzo dei materiali impiegati e di scarto in modo tale che il ciclo di vita di ogni prodotto possa essere considerato a impatto zero.
Anche le rinnovabili, seppur già di per sé tecnologia ambientalmente molto più compatibile con la lotta ai mutamenti climatici, hanno come tutte le opere di origine antropica necessità di definire dei processi di riutilizzo o riciclo dei materiali al termine di vita degli stessi. Per questo motivo oggi si cerca di sviluppare ogni tecnologia utile a consentire il riutilizzo di quelle parti che non possono essere immediatamente utilizzate, come, per esempio, per i componenti chimici contenuti nei pannelli fotovoltaici o per i materiali compositi di alcuni elementi delle palle eoliche.
Questi anni dovranno essere quindi il banco di prova definitivo che consentirà o no all’industria del settore di dare quella spinta finale necessaria a far crescere la produzione rinnovabile fino ai livelli necessari a decarbonizzare l’industria italiana della generazione di energia e, contemporaneamente, a far crescere investimenti occupazione in un settore strategico dal quale nel futuro potremmo avere grandi benefici dovuti ai saldi positivi della bilancia commerciale.
Oggi l’Italia è esportatrice netta di tecnologia eolica e il raggiungimento degli obiettivi del comparto garantirebbe un ulteriore crescita della quota di mercato destinata all’estero, con grande beneficio per la bilancia dei pagamenti nonché per la riduzione delle importazioni di fonti fossili.
Il fatto che si sia già a metà del 2020 e ancora non si riescano ad avere chiari gli strumenti necessari a semplificare le procedure autorizzative per realizzare gli impianti indicati nel Pniec è purtroppo dimostrazione di un ritardo che il nostro Paese sta continuando ad accumulare nel consentire una crescita sufficiente delle nuove tecnologie.
Semplificare le procedure è infatti l’elemento di partenza per ridare fiato all’industria del settore e ottenere autorizzazioni in numero sufficiente a centrare il target. Oggi, infatti, le industrie del comparto faticano ad avere, in aree prive di vincoli, dei titoli autorizzativi che consentano loro di effettuare quegli investimenti economici che porterebbero ricadute sul territorio e aiuterebbero la lotta ai mutamenti climatici.
Il punto centrale della questione è lo scontro che si instaura tra l’autorità ambientale e quella paesaggistica, portando a non fare gli impianti. Nelle procedure di valutazione di impatto ambientale, infatti, a fronte di pareri ambientali positivi, troppo spesso si riscontrano pareri paesaggistici negativi e questo indipendentemente dall’esistenza nelle aree oggetto delle proposte di particolari vincoli paesaggistici.
Il controsenso di questa situazione si spiega partendo dal dato fornito dall’Organizzazione mondiale della Sanità che imputa alle emissioni nocive prodotte anche dagli impianti di produzione elettrica da fonte fossile migliaia di morti l’anno dovute all’inalazione di tali inquinanti.
Di fronte a questo scenario sarebbe più opportuno che un organismo istituzionale potesse comporre le varie tutele e definire dei criteri di priorità al fine di evitare che le giuste riserve paesaggistiche possano comportare ingiusti e negativi effetti sulla salute e sull’ambiente. Oggi è arrivato il tempo di agire rispetto a queste necessità impellenti e definire un piano organico di sviluppo di queste nuove fonti pulite, economiche e disponibili, evitando di passare tramite ulteriori aggravamenti dei percorsi autorizzativi, come potrebbe essere attendere l’individuazione delle aree idonee per realizzare gli impianti rinnovabili. Sarebbe invece necessario definire con criteri chiari che tipo di interventi di mitigazione devono essere attuati dai proponenti delle iniziative per rendere compatibili gli impianti anche nelle aree dove insistono dei vincoli paesaggistici.
È l’ora di agire e dobbiamo tutti farci carico, ognuno per le proprie responsabilità, di mettere a disposizione delle migliori forze del Paese gli strumenti per far ripartire l’Italia che tutti noi amiamo.