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Riformare il sistema per decarbonizzare il Paese

I mutamenti climatici portano a politiche in favore di un’economia sostenibile e di un’industria convertita alle tecnologie pulite.

La decarbonizzazione del nostro pianeta passa infatti attraverso alcuni settori fondamentali che devono azzerare nel più breve tempo possibile le emissioni di CO2. I comparti nei quali più facilmente si arriverà a una totale eco-compatibilità della produzione sono quelli relativi alla generazione elettrica; un mondo che già in questi anni ha compiuto importanti sforzi per ridurre le emissioni degli impianti più inquinanti e parallelamente ha visto crescere in maniera molto significativa l’apporto delle fonti rinnovabili.

Questo settore avrà nel prossimo futuro un ulteriore impulso che porterà alla chiusura delle centrali a carbone e quindi il mix italiano farà un nuovo passo avanti grazie alla significativa crescita delle rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico.

Si tratta di un percorso che porterà in tempi relativamente brevi, crediamo ben prima del 2050, all’azzeramento della produzione elettrica con emissioni di CO2. In quest’ottica un ruolo fondamentale lo avranno i grandi operatori del settore che da qui in avanti investiranno sempre più in tecnologie pulite. Emblematico è l’esempio di Enel che negli ultimi anni ha riconvertito i suoi investimenti in tecnologie rinnovabili diventando oggi uno dei principali player mondiali in questo campo, oltreché di Eni che con un po’ di ritardo sta iniziando anch’essa a intraprendere questa strada.

Dal punto di vista dell’investimento la tecnologia rinnovabile già oggi è una di quelle che consente un ritorno economico tra i più interessanti. Ciò grazie alla maturità raggiunta dal fotovoltaico e dall’eolico che offre un costo di produzione estremamente competitivo con quelli delle altre fonti. Inoltre, la mancanza di oscillazione del combustibile (sole e vento sappiamo che sono disponibili gratuitamente) consente a queste tecnologie di avere un costo di generazione stabile per tutta la durata dell’investimento.

È evidente, tuttavia, che a fronte della stabilità del costo di produzione vi è aleatorietà del costo di remunerazione del kilowattora generato, poiché il disegno del mercato elettrico nazionale rispecchia il costo di remunerazione degli impianti tradizionali alimentati da fonti fossili.

Principale differenza tra queste tipologie di impianti è proprio il fatto che la riduzione o l’aumento in borsa del chilowattora segue il costo di acquisto dei combustibili fossili, con un limite basso determinato dal peso dell’investimento in grandi impianti molto spesso già ammortizzato grazie al periodo di attività.

Questo schema di mercato, quindi, sembra oggi essere superato. Non solo, in un contesto nel quale la percentuale di fonti rinnovabili sulla produzione complessiva del nostro Paese sarà maggiore del 50% sembra ineluttabile e urgente una profonda revisione del sistema attuale di formazione del prezzo sulla borsa elettrica.

Le fonti rinnovabili, per loro natura, hanno necessità di remunerare il costo del capitale più i costi di manutenzione, oltre al ritorno economico dell’investimento: in questo quadro andrebbe rivisto il mercato elettrico con dei contratti di lunga durata specifici per le rinnovabili, che dovrebbero poter essere assegnati per un periodo necessario a sostenere l’investimento, così come oggi consente di fare il meccanismo asta-registri gestito dal Gse.

Dunque, sarebbe inoltre necessario che l’attuale schema di sostegno alle rinnovabili, che oggi ha come termine il 2021, venga velocemente esteso per un periodo sufficiente a orientare gli investimenti, così da consentire a queste tecnologie di poter dare il supporto richiesto all’interno del piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) che il Governo italiano ha inviato a Bruxelles.

Ricordiamoci che in questo piano si prevede un significativo sviluppo delle principali fonti rinnovabili e inoltre il documento andrà rivisto a breve alla luce dei nuovi obiettivi che l’Unione europea si darà.

Proprio per questo motivo è necessario che le diverse fonti di energia vengano remunerate secondo le loro specifiche peculiarità: da un lato le rinnovabili con dei Ppa di lunga durata che remunerano sostanzialmente il costo dell’investimento (ricordiamo che le rinnovabili sono tecnologie ad alto livello di costo del capitale); dall’altro le fossili e in particolare il gas (più flessibile e meno impattante dal punto di vista ambientale) che vengono remunerate secondo un criterio più oggettivo che segue il costo della fonte primaria.

In questo schema sempre più peso stanno assumendo i servizi che hanno un nascente mercato a parte con la necessità di essere messo a punto per avere un’adeguata remunerazione per singoli servizi e per consentire a tutte le tecnologie di accedere liberamente a un meccanismo competitivo di riconoscimento della remunerazione.

Insomma, il mondo elettrico sta cambiando in maniera drastica ed è urgente che tutto quello che ruota intorno a esso – innanzitutto il meccanismo di formazione del prezzo – venga adeguato alle nuove tecnologie e, soprattutto, al mix produttivo nazionale che vogliamo nei prossimi anni.

Per riuscirci serve una riforma strutturale dell’attuale market design che porti in tempi rapidi a garantire ritorni adeguati ai singoli investitori, senza sovra o sotto remunerazioni per le fonti necessarie a far funzionare il sistema nell’ottica della decarbonizzazione.