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IL BENE COMUNE NELL’AZIONE DI GOVERNO: UTOPIA O LEGITTIMA ASPIRAZIONE?

Sono molti anni che nel mondo, in Europa e in Italia si definiscono percorsi virtuosi che dovrebbero consentire alle fonti pulite di crescere nelle percentuali di produzione, al fine di arrivare a una situazione di decarbonizzazione in linea con quanto gli scienziati dell’IPCC indicano necessaria per contenere l’innalzamento della temperatura terrestre.

Stiamo parlando, quindi, di cercare di salvare il Pianeta Terra dalla più grave catastrofe che si possa immaginare, da mutamenti climatici tali da rendere vaste zone del globo non compatibili con la vita umana. Purtroppo, però, notiamo che le politiche energetiche nazionali seguono sempre dei percorsi di difesa delle fonti fossili, dei loro importatori e utilizzatori, come se tali impegni non esistessero.

Gli attuali attacchi al settore delle rinnovabili, concretizzatisi con l’articolo 16 del decreto su DL sostegni Ter, hanno evidenziato ancor più come vi sia una netta distanza tra le parole che il Governo italiano proferisce in favore della transizione energetica e i fatti con i quali colpisce le fonti rinnovabili di energia.

Infatti, ai ripetuti atti di ostilità notiamo come si continuino ad sommare provvedimenti contrari a quelli necessari per consentire il diffondersi delle tecnologie pulite in maniera adeguata. L’attuale situazione di crisi energetica mondiale dovuta, da un lato, all’aumento importante della domanda di gas dei Paesi emergenti (guidata dalla ripresa economica) e dei Paesi industrializzati, che vedono l’uscita dalla crisi per i loro settori economici, sta dimostrando tutta la fragilità del nostro sistema energetico sbilanciato sul gas in modo non adeguato a normali criteri di sicurezza.

Oggi tale scelta, guidata da vecchie dinamiche protezionistiche di alcune aziende di Stato e dalla mancanza assoluta di visione da parte dei pubblici decisori, la stiamo pagando carissima a causa dell’imponente aumento dei costi dovuti alla crisi internazionale tra Russia e Ucraina. Questa situazione sta determinando per il nostro Paese un aumento indiscriminato dei costi del gas con il risultato di avere il prezzo dell’energia in borsa almeno tre volte più alto di quello medio degli ultimi dieci anni.

In uno scenario geopolitico così complesso buon senso vorrebbe che i Paesi industrializzati europei, l’Italia tra questi, si dessero da fare per rendere i loro Stati non più dipendenti dall’estero per quanto riguarda gli approvvigionamenti energetici. Svincolarsi dall’obbligo di dover acquistare il gas consentirebbe una minor dipendenza da fatti esterni, aumentando la sicurezza degli approvvigionamenti. Questo si può fare aumentando la produzione di rinnovabili.

Tale azione garantirebbe dei costi più bassi di produzione dell’energia elettrica rispetto a quelli tradizionali e sarebbe la strategia vincente per giungere prima agli obiettivi prefissati. Inoltre, consentirebbe, in aggiunta al raggiungimento della piena transizione energetica prevista e necessaria, anche di adempiere agli obiettivi di decarbonizzazione necessari a contrastare i mutamenti climatici e a ridurre l’inquinamento dell’aria.

L’industria delle rinnovabili, va ricordato, in questi anni si è sviluppata nel nostro Paese. Se per l’eolico già oggi siamo esportatori di tecnologia all’estero, per il fotovoltaico molto si è fatto e sempre più si potrà fare. Dando continuità alle politiche di crescita potremmo vedere risultati positivi in termini occupazionali, oltre che energetici e ambientali.

L’insieme di queste considerazioni farebbe ritenere prioritaria per il nostro Paese un’opera profonda di semplificazione rispetto alle nuove istallazioni e di facilitazione dei processi autorizzativi e amministrativi anche per il rinnovamento degli impianti esistenti. Queste azioni consentirebbero di legare lo sviluppo e la crescita di nuovi impianti con la gestione e manutenzione delle rinnovabili. Se da un lato, infatti, le semplificazioni ottenute fino a oggi hanno avuto i primi risultati positivi, dall’altro è evidente che gli stessi non siano sufficienti a dar seguito a quegli impegni assunti dall’Italia nelle sedi comunitarie. Con questo passo non raggiungeremo mai, nei tempi previsti, tali obiettivi.

Infine, la necessaria crescita delle rinnovabili consentirebbe di velocizzare ulteriormente la transizione ecologica in corso, al fine di ridurre gli effetti negativi del caro gas.

A fronte di questa situazione il Governo italiano ha deciso di assumere, invece, un provvedimento che, passando sopra alle regole generali di mercato, penalizza chi produce energia elettrica da fonte rinnovabile. Chi ha deciso di cedere l’energia a prezzi di mercato tramite la Borsa Elettrica, cosa auspicata da anni, senza ricorrere alla stabilizzazione dei ricavi derivanti dall’aggiudicazione delle procedure di aste del Gse, vedrà i propri ritorni tagliati dei oltre 3/4! Questa previsione fortemente punitiva e assolutamente irricevibile per modalità e contenuto sta già dispiegando gli effetti negativi nei confronti di quegli investitori internazionali che valutavano di agire nel nostro Paese; soggetti che oggi ritengono l’Italia terra dove le regole di mercato vengono disattese.

In conclusione, bisogna tornare ad avere una visione industriale per il settore elettrico e seguire un percorso di serietà e rispetto delle regole del mercato, senza le quali ogni scelta sarà di volta in volta ispirata da questo o quel portatore di interessi a scapito di quel bene comune che dovrebbe, invece, essere l’unico fare dell’azione di Governo.