Negli ultimi decenni il tema dei mutamenti climatici è diventato sempre più centrale nel dibattito pubblico e politico. La comunità scientifica ha lanciato ripetuti allarmi sui pericoli del riscaldamento globale, sollecitando azioni urgenti per ridurre le emissioni di gas serra. In questo contesto, la politica dovrebbe giocare un ruolo cruciale nel guidare la transizione verso un futuro sostenibile, in particolare attraverso la promozione della produzione di energia rinnovabile.
Gli accordi internazionali in tema di decarbonizzazione sono figli delle risultanze scientifiche e sono fondamentali per coordinare gli sforzi globali nella lotta ai mutamenti climatici.
Come sappiamo, dopo il Protocollo di Kyoto, l’Accordo di Parigi del 2015 è uno dei pilastri di questo impegno collettivo. Gli Stati firmatari si sono impegnati a limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con l’obiettivo di non superare 1,5°C.
Questo accordo ha incentivato numerosi paesi a sviluppare politiche energetiche che favoriscono le fonti rinnovabili, come l’energia solare, eolica, idroelettrica e geotermica.
A livello nazionale, tuttavia, stiamo vivendo l’ennesimo periodo di confusione; il nostro Governo, infatti, dopo una serie di provvedimenti positivi di semplificazione e di spinta in aumento degli obiettivi al 2030 e al 2040, sta frenando con provvedimenti che sembrano contradditori.
Esempi lampanti sono il DL agricoltura e il DM Aree Idonee, entrambi estremamente critici, per non dire deleteri, per lo sviluppo delle FER.
Questi provvedimenti, seppur appena varati, rischiano seriamente di compromettere il raggiungimento degli obiettivi di produzione energetica rinnovabile fissati al 2030.
La politica avrebbe anche il compito di pianificare e coordinare investimenti in infrastrutture necessarie per supportare la transizione energetica. Questo include la modernizzazione delle reti elettriche per gestire la variabilità delle fonti rinnovabili, lo sviluppo di tecnologie di accumulo energetico e la costruzione di nuove centrali a energia rinnovabile ma, mentre le reti, anche grazie agli investimenti di Terna, stanno progredendo, la spinta sugli accumuli e soprattutto sulle FER segnano il passo.
Molto significativo è anche il fatto che, oltre alle misure economiche e normative, la politica dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nell’educazione e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui mutamenti climatici.
Campagne informative e programmi educativi possono aumentare la consapevolezza sull’importanza delle energie rinnovabili e incoraggiare comportamenti sostenibili tra i cittadini ma questo non avviene; basti pensare al nuovo PNIEC e al reinserimento del nucleare su cui non c’è stato alcun tipo di dibattito e di informazione.
L’educazione ambientale è essenziale per creare una cultura della sostenibilità che supporti le politiche energetiche verdi, finalizzate a formare una conoscenza delle energie rinnovabili e quindi a ispirare le nuove generazioni a diventare protagonisti attivi della transizione energetica.
La lotta ai mutamenti climatici richiede un impegno globale e coordinato, dove la politica svolge un ruolo fondamentale. Attraverso accordi internazionali, politiche nazionali, sostegni alla crescita, investimenti infrastrutturali e campagne di educazione, i Governi possono e devono guidare la transizione verso un futuro energetico sostenibile basato sulle fonti rinnovabili.
Solo con un’azione politica decisa e coordinata sarà possibile mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e garantire un pianeta vivibile per le future generazioni.
Per questi motivi l’auspicio forte è che si arrivi presto ad avere scelte chiare e condivise che sorreggano politiche di crescita dei settori individuati come strategici sulla base dei benefici economici, occupazionali, industriali e ambientali che le singole fonti garantiscono. n