Negli ultimi decenni la rappresentanza associativa nei vari settori industriali ha visto un notevole cambiamento di ruolo, con una riduzione significativa della sua influenza sulle politiche dei Governi che si sono succeduti.
Un comparto particolarmente influenzato da questa evoluzione è quello energetico, dove l’Italia, unico caso europeo, ha voluto sperimentare una fusione delle rappresentanze in ambito fossile e rinnovabili in una unica realtà associativa. Questa iniziativa è stata vista da molti come un progetto innovativo e strategico, che avrebbe potuto fungere da modello anche per altri Paesi, aprendo la strada a un’idea di rappresentanza associativa in grado di superare le tradizionali divisioni tra fonti.
Infatti, nel 2017 si concretizzò la nascita di Elettricità Futura, risultato della fusione tra Assoelettrica, l’associazione rappresentativa del mondo tradizionale legato alle fonti fossili, Assorinnovabili, che riuniva le aziende del comparto Fer, e Assosolare, che metteva insieme le imprese del fotovoltaico. Rimase fuori, ma con un percorso di dialogo costruttivo, solo l’ANEV, che rappresenta il comparto eolico nazionale.
Questa iniziativa è tuttavia rimasta unica a livello europeo e, possiamo dire oggi dopo 7 anni, rischia di implodere anche in Italia. Le perplessità a suo tempo espresse dall’unica associazione delle rinnovabili rimasta indipendente, l’ANEV, a cui poi si aggiunse la nascita di Italia Solare, erano quelle relative alla governance della nascente EF e delle tempistiche troppo precoci della fusione.
Sulla governance sembrava che non vi fosse possibilità di mantenere una rappresentanza del settore slegata dai pesi politici dei “grandi”, mentre sui tempi il dubbio era che il momento della nascita delle politiche della transizione energetica ancora debole avrebbe potuto soffocare la voce dei rinnovabilisti, rimasti senza peso nella nuova associazione e senza voce nelle vecchie.
Tuttavia, analizzando i primi anni di questa esperienza, bisogna ammettere che le perplessità avanzate non hanno trovato riscontro nella realtà e l’iniziativa sembrava essere un esempio di come le differenze tra due settori apparentemente in contrasto possano trovare un equilibrio soddisfacente.
L’associazione, guidata con successo dal presidente Simone Mori, aveva il pregio di avere un approccio lungimirante che ha permesso di mantenere unite due anime industriali con interessi molto differenti, sia per prospettive a breve termine sia, soprattutto, per visioni a lungo termine.
Nei primi anni della fusione il settore energetico riuscì a dare una rappresentanza adeguata anche alle componenti meno forti all’interno di EF, includendo tutte le anime industriali, comprese quelle più deboli e marginali. Questo spirito inclusivo fu possibile anche grazie al supporto di altre associazioni, come quelle del comparto eolico che con ANEV, seppur da fuori, collaborava assiduamente e collaborativamente all’attività associativa.
Infatti, grazie ad un robusto protocollo di intesa sottoscritto dai due presidenti, si definivano insieme le posizioni sui temi di comune interesse, si organizzavano convegni congiuntamente, così come per i corsi di formazione. Tale accordo permise una sempre più stretta collaborazione tra ANEV ed Elettricità Futura, mantenendo comunque una separazione amministrativa e rappresentativa.
Durante quella fase storica, estremamente complessa per il settore energetico nazionale, l’assetto complessivo della rappresentanza associativa si rafforzò moltissimo e il settore aumentò la sua incisività e autorevolezza, riuscendo a comporre le diverse esigenze tra i comparti fossili e rinnovabili.
La successione di Mori con il presidente Re Rebaudengo ha segnato un momento storico, sembrava sancire come un rappresentante di aziende più piccole, con una storia fortemente segnata dalla rinnovabili, potesse essere a capo dell’unica associazione europea rappresentativa delle varie fonti energetiche. Tuttavia, in questi anni di mandato qualcosa deve essersi rotto; infatti, questo cambio di rotta ha portato nell’ultimo periodo a critiche dai grandi associati, che hanno formalmente rimproverato alla nuova leadership di non aver raggiunto risultati significativi per il comparto energetico e, allo stesso tempo, per aver allontanato l’associazione dagli interessi strategici del settore, con una conseguente perdita di rappresentatività.
Questa recente evoluzione sta chiaramente sconquassando il settore, che alle fossili e alle rinnovabili ha aggiunto appetiti nuclearisti, e la situazione rischia, se non ben governata, di portare a una frammentazione del comparto energetico, con il rischio di una maggiore polarizzazione delle voci settoriali.
I rinnovabilisti temono che questa frammentazione possa far prevalere la rappresentanza del settore delle fonti fossili che, pur orientandosi verso le rinnovabili per soddisfare le nuove direttive, ha ancora interessi significativi negli asset esistenti legati alle fonti fossili. Altri temono che, invece, si riformino tante associazioni piccole che alla fine aumenterebbero l’entropia del sistema e alzerebbero la conflittualità del settore. Molti, infine, temono che il deciso interesse del Governo italiano verso un rilancio del nucleare potrebbe distrarre dagli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili.
L’idea del nucleare apre nuove prospettive e richiama grandi investimenti in ricerca e sviluppo, più facilmente attuabili e finanziabili dai grandi gruppi rispetto agli investimenti nelle energie rinnovabili, spesso frammentati e complessi da portare a termine.
In questo quadro sembra di poter dire che oggi ci troviamo di fronte a un’opportunità, quella di ridisegnare la rappresentanza associativa del settore che, a nostro modo di vedere, dovrebbe essere pensata in modo più coerente e rigoroso in modo da dare voce, e rappresentanza, a tutte le fonti e le filiere in maniera adeguata.
Uno sforzo federativo importante che possa portare a un soggetto nuovo, unitario, forte e autorevole che rappresenti i settori non solo rispetto al reale peso nel comparto elettrico attuale, ma anche rispetto a quello che dovrà essere il peso di ogni fonte secondo gli obiettivi vincolanti che il PNIEC ha definito.
Con queste premesse e con il medesimo obiettivo, che dovrebbe essere di favorire l’efficienza della transizione energetica del nostro Paese, credo che non vi sarebbe difficoltà a ridisegnare un soggetto unico autorevole e rappresentativo.
In questo disegno, tutto sommato, la scelta assunta a suo tempo di mantenere un’autonomia da parte dell’ANEV e l’esistenza di Italia Solare potrebbero rivelarsi una situazione di stimolo ad avviare una nuova fase finalmente unitaria della rappresentanza del settore.
Se l’obiettivo della decarbonizzazione viene posto come centro del discorso, condiviso e accettato da tutte le parti coinvolte, il percorso da seguire appare chiaro e netto e potrà avere una rappresentanza unitaria. Nel corso dei prossimi decenni tutta la produzione elettrica, che aumenterà significativamente per rispondere alla crescente domanda, dovrà essere completamente decarbonizzata con una larga parte, se non la totalità, prodotta da fonti rinnovabili. È evidente, quindi, che la governance di un’associazione rappresentativa del settore energetico non potrà che riflettere questo obiettivo finale, favorendo in particolare il rafforzamento dei comparti più rilevanti in questa transizione e agevolando le politiche che a tale risultato devono portare il Paese.
Questo scenario di lungo termine rende necessario un riassetto della rappresentanza associativa in Italia, in modo che sia in grado di rispondere non solo alle esigenze presenti, ma anche a quelle future, e questo sembra il momento giusto per compiere questo passo che dovrà portare a una pacificazione e a una rappresentanza capace di esprimere in modo equilibrato le posizioni dei vari comparti, con un occhio di riguardo verso le tecnologie chiave della transizione; solo questo potrà garantire al settore energetico italiano di contribuire appieno agli obiettivi di decarbonizzazione e sostenibilità.