Ci mancava pure il Covid 19! In molti hanno accolto così l’attuale emergenza sanitaria per significare come il mondo, in questo ultimo decennio, aveva già affrontato più di una situazione di difficoltà e che questa ricaduta proprio non ci voleva.
Ricordiamoci, infatti, come non più tardi di una dozzina di anni fa ci fossimo imbattuti in una crisi per nulla banale che aveva drasticamente ridimensionato le aspettative di crescita dei principali Paesi industrializzati del mondo. La “Grande Crisi” dei mutui sub-prime aveva travolto il mondo intero, partendo dagli Stati Uniti, e le ripercussioni drammatiche da un punto di vista economico erano forse finalmente state riassorbite da un lungo, lento e faticoso percorso di crescita.
In questo contesto si abbatte l’attuale crisi sanitaria arrivata come un terribile uragano su tutti, o quasi, i settori economici. Questa pesantissima “ricaduta” rischia seriamente di mettere in ginocchio alcuni comparti produttivi, facendo avanzare l’ipotesi da parte di alcuni che molti soccomberanno definitivamente al momento drammatico che stiamo vivendo.
Il mondo energetico-ambientale potrebbe a prima vista essere considerato immune ma così non è. Innanzitutto il comparto fossile, upstream e downstream, è sotto stretta osservazione poiché gli attuali livelli di prezzo del petrolio non giustificano l’attività estrattiva e il calo della domanda di prodotti petroliferi non sembra far prevedere un rapido riallineamento dei livelli di prezzo.
Analogo discorso per la parte relativa ai prodotti da pompa che stanno vedendo un calo di volumi e di prezzi che difficilmente si ricorda nel recente passato. Per entrambi questi settori, inoltre, incombono le conseguenze attese della transizione energetica che il nostro Paese, come tutti quelli Europei e molti di quelli mondiali, stanno avviando in applicazione delle decisioni di Parigi finalizzate alla lotta ai mutamenti climatici. L’attuale situazione per i comparti fossili quindi non solo non è positiva ma l’aspettativa è di una lunga marcia nel deserto.
Se Atene piange, Sparta di certo non ride! Questo ultimo decennio ha visto per il settore energetico-ambientale un forte impulso di prospettiva con la definizione di obiettivi di medio-lungo termine assai importanti ma un lento ottenimento di strumenti e risorse utili a raggiungere questi obiettivi. Questo è avvenuto certamente nel nostro Paese dove i vari Governi succedutisi hanno indicato traguardi molto importanti al 2030 e al 2050 ma nei processi e nella definizione degli strumenti attuativi purtroppo l’Italia è rimasta assai indietro. Oggi ci troviamo davanti a chi, da un lato, dice che vista la situazione drammatica che ha investito il mondo intero dobbiamo rivedere le nostre idee di una decarbonizzazione dei settori produttivi e, dall’altro, chi invece asserisce che proprio questa congiuntura, seppur drammatica, deve essere utilizzata per velocizzare la transizione energetica.
Certo è che questa esperienza ci sta insegnando che con la crescita attesa non c’è spazio sufficiente per le nuove tecnologie mantenendo gli attuali livelli di consumo per le vecchie. Si impone quindi una scelta di campo che definisca in modo chiaro le priorità e le tempistiche che le differenti tecnologie avranno per arrivare, nei tempi indicati, ad un quadro certo.
Settori come quelli dell’efficienza energetica, delle rinnovabili e della mobilità sostenibile (e i loro antagonisti) non possono essere lasciati liberi di crescere senza un quadro normativo/regolatorio adeguato. Il rischio sempre più grande è che imprenditori attivi in questi settori smettano di investire per un eccesso di rischio dovuto alla mancanza di un quadro di indirizzo certo o affidabile, con l’esito che non otterremo beneficio da nessuna delle due possibili scelte.
Ovviamente, fosse in capo a noi la scelta, non avremmo dubbio su dove andare, ci sembra che analizzando a fondo i più e i meno di entrambe le opzioni non vi possa essere dubbio di dove andare se si vuole avere a cuore il bene del nostro Pianeta e del genere Umano che lo abita. Serve quindi chiarezza su dove si vuole arrivare, in quanto tempo e seguendo quale strada: solo con un grande patto stretto tra i vari stakeholder si potrà evitare di disperdere le poche risorse disponibili e ci si concentrerà in un grande sforzo industriale e occupazionale che darà inoltre gran beneficio all’ambiente.
Questa grande opera deve passare da un processo culturale che miri a trasformare l’approccio verso questi temi da ideologico a scientifico e concreto. Stilare una lista di priorità che si vogliono perseguire aiuterà tutti a rinunciare a qualcosa ma con l’obiettivo certo di avere altro di più rilevante. Questo percorso non può essere né facile né veloce ed è per questo che va intrapreso il prima possibile. Rimbocchiamoci le mani, studiamo le possibili soluzioni, spieghiamole e definiamo gli strumenti necessari a renderle operative. Al lavoro, dunque, nonostante tutto ce la si può e ce la si deve fare!