Nel percorso verso la sostenibilità che anche il nostro Paese ha tracciato, ad oggi abbiamo chiara la necessità di raggiungere un obiettivo europeo al 2030 e al 2050 che prevede un processo di decarbonizzazione delle economie estremamente stringente, da realizzare tramite una serie di piani nazionali con una traiettoria di riduzione annuale delle emissioni, corredata da un insieme di strumenti che ogni Stato membro appronta per raggiungere i target indicati.
Il Governo italiano, come quelli di tutti gli altri Paesi, lo scorso anno ha inviato il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) indicando quei risultati sufficienti a raggiungere la riduzione del 55% delle emissioni al 2030. Nel frattempo, però, il nuovo obiettivo approvato in sede europea porta al 60% tale riduzione, motivo per il quale l’Italia, come tutti gli Stati, dovrà aggiornare il Pniec, delineando una traiettoria maggiormente sfidante.
Il nuovo Governo, in virtù della centralità di queste sfide, vede per la prima volta la presenza di uno specifico Ministero della Transizione ecologica che riassume in sé tutte le competenze relative ai settori energia e clima, oltre ai tradizionali aspetti legati alla tutela e la salvaguardia dell’ambiente, del territorio e del mare.
Inoltre, l’individuazione di un Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite), che racchiude in un unico organismo guidato dal Presidente del Consiglio tutti i dicasteri interessati con il fine di comporre le eventuali controversie che si dovessero andar definendo, ci sembra una giusta e opportuna scelta finalizzata a risolvere i conflitti all’interno dello stesso Esecutivo; contrasti che nel corso degli anni hanno comportato molte volte un rallentamento nell’attuazione delle misure, anche giuste, varate dal legislatore nell’ottica di favorire il percorso di decarbonizzazione.
Dalle prime dichiarazioni del Ministro Cingolani, però, abbiamo compreso come il Mite non abbia ancora predisposto un piano adeguato ai nuovi obiettivi europei, avendo dovuto dare priorità alla redazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che dovrà essere inviato entro la fine di aprile a Bruxelles.
Solo dopo l’invio di questo documento si porrà mano all’adeguamento degli obiettivi nazionali di decarbonizzazione; target che necessariamente passeranno da un incremento dei traguardi settoriali per le fonti rinnovabili di energia, tra le quali ovviamente l’eolico.
L’elemento centrale della discussione non sembra adeguare i numeri dei singoli comparti per raggiungere nuovi obiettivi ma definire strumenti adeguati ed efficaci che possano passare indenni il vaglio dell’autorità comunitaria. Abbiamo visto, infatti, che negli ultimi anni il collo di bottiglia della burocrazia ha portato a una drastica riduzione delle nuove autorizzazioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Basti pensare che negli ultimi tre anni la Commissione per la Valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell’Ambiente non ha rilasciato alcun parere positivo per le nuove iniziative nel settore eolico. Infatti, nelle procedure che sono state presentate per oltre 9 GW di potenza e oltre 140 richieste, mai si è avuto un parere favorevole da parte delle Soprintendenze e in esito a questo nessun procedimento è stato autorizzato.
Semplificare non significa soltanto rendere più snelle le procedure amministrative ma significa renderle anche più giuste, trasparenti, rapide e sostenibili economicamente da parte di tutti. Un esempio dell’assurdità di un iter autorizzativo per un impianto rinnovabile è costituito dall’inserimento nell’ambito delle opere da autorizzare, a carico del produttore, della connessione dell’impianto fino alla rete di trasmissione nazionale ma anche delle opere di rete ritenute necessarie da Terna per rinforzare il suo network.
È come se il gestore di un tratto autostradale chiedesse al produttore di autoveicoli di finanziare l’apertura di nuovi caselli, a prescindere dall’utilizzo che se ne farà, cedendo gratuitamente il titolo autorizzativo al concessionario dell’autostrada che, così, genererà profitto per se stesso.
Il nuovo Governo, che nasce con una fortissima attenzione per questi temi da parte del Premier Mario Draghi, del Ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani e del Ministro per la Semplificazione Renato Brunetta, deve necessariamente intervenire su queste criticità, stabilendo per gli attori in gioco, operatori e gestori della rete regole chiare, certe e soprattutto equilibrate. Regole che devono essere tarate sul ruolo che ciascuno ricopre nel meccanismo di ricerca della strada più efficiente e sostenibile che ci porterà a traguardare gli obiettivi e a eliminare tutti quegli ostacoli che stanno separando l’Italia da innovazione tecnologica e crescita industriale; fattori necessari per rispondere sia alle sollecitazioni occupazionali e di aumento del nostro Pil sia per rispondere a quell’emergenza climatica e ambientale dovuta all’inquinamento sempre più insostenibile del nostro pianeta.