L’Italia ha formalmente depositato il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza presso gli uffici di Bruxelles. Questo documento, da molti osservatori definito leggero rispetto ai temi della green economy, abbraccia una buona parte degli interventi che in termini di infrastrutture il nostro paese stava predisponendo.
Questa scelta, come abbiamo più volte detto, è stata dettata dal timore che realizzare la gran quantità di interventi previsti e spendere i soldi allocati dal Next Generation EU sarebbe stato assai complicato.
Il rischio grande, quindi, sarebbe stato non riuscire a realizzare nei tempi stringenti che le autorità europee richiedono tutti i passaggi necessari.
Altro aspetto rilevante è quello delle riforme che dentro il piano inviato a Bruxelles sono previste, a iniziare da quella della Giustizia fino a quella della Semplificazione, che il nostro Governo ha giustamente individuato come indispensabili al fine di dare una svolta in termini di tempi e procedure al nostro Paese.
Tale percorso sembra necessario non solo al fine di ridurre i tempi burocratici e della Giustizia ma soprattutto per rendere attrattiva l’Italia rispetto gli investimenti di grossi soggetti esteri. Infatti, l’attrattività del nostro Paese per questi soggetti è minata alla base dalla mancanza di certezze dei tempi delle autorizzazioni e dell’incertezza dei tempi della Giustizia civile.
C’è da dire che adesso non è molto chiaro cosa succederebbe se, pur rispettando le tempistiche previste sui vari punti del Pnrr, l’Italia non dovesse rispettare i tempi delle riforme che si è impegnata a fare.
Tornando al merito del Piano, dobbiamo segnalare come l’attesa sia stata un pochino tradita dall’approccio conservativo più volte lamentato dagli osservatori, e che ha ritenuto di prediligere grossi interventi rispetto alla trasformazione complessiva di un sistema produttivo a favore anche dei medi e piccoli operatori industriali.
Riuscire ad attuare una transizione ecologica è un’opera immane che deve passare da una semplificazione profonda delle procedure burocratiche, attraversare una chiara individuazione di obiettivi e di strumenti necessari a raggiungerli, per finire con una sensibilizzazione della popolazione attraverso una campagna di informazione chiara che spieghi i motivi per i quali un percorso così importante sia necessario e soprattutto conveniente.
Questi tre punti devono essere tutti centrati e servono a sostenere nel medio e nel lungo periodo un’azione profonda che dovrà trasformare l’industria del nostro Paese, troppe volte adagiata sui propri interessi particolari, in una macchina efficace e rivolta all’innovazione dei processi, oltre che capace di individuare negli avanzamenti tecnologici i comparti strategici per il futuro.
Questa è una sfida ciclopica che solo se affrontata insieme potrebbe essere vinta, lasciando da parte tutte quelle piccole o grandi frizioni che nel passato hanno sempre caratterizzato la competizione tra settori produttivi. Gli spazi sono talmente ampi da consentire a ognuno di trovare la propria strada e di svilupparla e percorrerla appieno grazie alle risorse nazionali e comunitarie messe a disposizione di questo piano straordinario; il nostro Paese non può permettersi di rendere inefficace un così imponente sforzo.
È un’opera sistemica alla quale tutte le componenti devono collaborare per raggiungere il fine Ccomune di modernizzare l’Italia e renderla competitiva con gli altri Stati europei. In questa direzione sembra andare tutta l’attività del Governo che, fino a oggi, non può che avere il plauso degli operatori del settore della green economy. Il punto di maggior positività di questi primi mesi dell’azione dell’Esecutivo è certamente da ricercarsi nell’individuazione delle problematiche esistenti. Anche la pianificazione delle attività ha riguardato innanzitutto la definizione nei tempi previsti del nuovo Pnrr, che è stato ufficialmente trasmesso rapidamente.
Il Governo si sta concentrando nei mesi di maggio di giugno sulla definizione delle riforme relative alla semplificazione e, infine, prima dell’estate dovrebbe arrivare il nuovo Piano nazionale integrato Energia Clima che dovrà indicare la strada gli obiettivi da qui al 2030.
Tutto, quindi, sembra viaggiare secondo le migliori aspettative anche se qualche piccolo ritardo nella organizzazione del nuovo ministero della transizione ecologica rischia di allungare i tempi e di non rendere immediatamente esecutivo il super dicastero sotto la guida del ministro Cingolani.
Il percorso e quindi segnato e i primi passi sono stati già fatti nella direzione giusta, ora la difficoltà sarà quella di resistere a chi questa innovazione non la vuole e a chi immagina che dalla trasformazione profonda del sistema produttivo italiano in senso ambientalmente compatibile possa derivare per le proprie attività un danno.
Il Presidente del Consiglio Draghi ha dimostrato nella sua vita di avere a cuore il bene del nostro Paese e di avere sempre una visione lucida rispetto all’obiettivo da raggiungere; per tanto quello che dobbiamo aspettarci e che anche in questo frangente così delicato possa fornire al Governo tutto un chiaro percorso che metta al centro di ogni azione il bene comune e la trasformazione del nostro Stato.