Inquinamento elettromagnetico e fattispecie sanzionatorie astrattamente ipotizzabili.
Come noto, la categoria dei reati di pericolo risponde all’esigenza di reprimere condotte potenzialmente lesive di beni tutelati, prima ancora che si traducano in una effettiva compromissione degli stessi. In tutti questi casi, si pone tuttavia il problema di individuare la soglia di lesione, superata la quale possano dirsi integrati gli estremi della fattispecie incriminatrice descritti dalla norma.
È questa la ragione per cui il legislatore molto spesso configura determinati reati di pericolo utilizzando la tecnica di tipizzazione della norma penale in bianco, individuando cioè genericamente il comportamento vietato e rinviando ad un atto di normazione secondaria per la determinazione dei limiti il superamento dei quali comporta l’integrazione del reato. Con riferimento specifico a determinate categorie di condotte lesive dell’ambiente, alle difficoltà interpretative relative alla soglia limite, in assenza di specifica previsione, si è aggiunta talvolta, a monte, la mancanza di una specifica norma di legge penale cui ricondurre la condotta di volta in volta in oggetto, con l’ulteriore problema di ricercare una fattispecie assimilabile in via di interpretazione estensiva, assicurando in tal modo una risposta sanzionatoria penale senza tuttavia al contempo violare il divieto di analogia in malam partem cui, come noto, è improntato il nostro sistema penale. Orbene, la questione è stata non poco esaminata con riferimento alle attività implicanti inquinamento elettromagnetico. La giurisprudenza ha infatti sopperito in via interpretativa alla mancanza di una disciplina che sanzionasse penalmente il fenomeno dell’elettrosmog, riconducendolo alla contravvenzione prevista dalla prima parte dell’art. 674 c.p., che incrimina il getto pericoloso di cose.
Sono tuttavia sorti contrasti in ordine alla possibilità di ricomprendere nel concetto di “cosa” le onde elettromagnetiche, e nella condotta di “gettito” quella consistente nel propagare o diffondere. Risolto positivamente il problema da parte della giurisprudenza prevalente, e da ultimo dalla Suprema Corte nel 2011, e ritenendosi pertanto sanzionabili penalmente le relative condotte -con evidenti implicazioni in ordine alla possibilità di disporre il sequestro preventivo dei relativi impianti – si è posto tuttavia un problema di raccordo fra fattispecie penale e disciplina amministrativa dell’elettrosmog, nel frattempo introdotta con Legge n. 36/2001. Nel dettaglio, la legge quadro mostra di optare per la sanzione amministrativa in caso di violazioni alle sue previsioni, privilegiandola in tal modo alla risposta penale. L’art 15 della predetta legge prevede infatti che chiunque superi i limiti di esposizione e i valori di attenzione di cui al DPCM previsti dall’art. 16 e 42, sia punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, salvo che il fatto costituisca reato. Si è posto pertanto il problema di delineare i rapporti tra la norma codicistica e la disciplina di settore. In particolare, ci si è chiesti se ai fini della configurabilità della fattispecie penale contravvenzionale sia sufficiente il superamento dei limiti stabiliti dalla legislazione speciale, ovvero sia necessario un ulteriore requisito, dato dall’idoneità delle onde propagate a offendere o porre in pericolo concreto la salute di chi vi sia esposto.
Secondo una prima tesi, qualora dovesse ritenersi sufficiente per la sussistenza del reato il semplice superamento dei limiti tabellari, l’illecito amministrativo non sarebbe mai configurabile, con interpretazione abrogatrice dell’art. 15. Altra tesi ha ritenuto viceversa che la condotta tipizzata dall’art. 674 c.p. integrerebbe un reato di pericolo presunto e che, pertanto, non sia necessaria la verifica in concreto dell’esposizione a pericolo del bene protetto, ma semplicemente il superamento dei limiti tabellari, e ciò anche ove si consideri che il giudice non può disporre di elementi scientifici certi per stabilire se un determinato tipo di propagazione costituisca o meno un pericolo concreto nel caso sottoposto al suo esame. Il problema dell’ eventuale interpretatio abrogans dell’illecito amministrativo viene risolto da questo orientamento ritenendo che, in realtà, non venga in rilievo un’ipotesi di concorso apparente di norme, con conseguente applicabilità soltanto di una di esse, sicchè laddove vengano superati i limiti tabellari, l’autore della condotta di propagazione di onde potrebbe esser chiamato a rispondere sia sul piano amministrativo che su quello penale. Ebbene, per quanto auspicabile dal punto di vista dell’efficacia deterrente, non è tuttavia questa la soluzione seguita da ultimo dalla Suprema Corte (Cass. Pen., sez. IV, 24 febbraio 2011), preoccupata di evitare che la fattispecie penale possa dirsi integrata per il solo superamento dei valori soglia, pur in assenza di lesione o esposizione a pericolo della salute umana e dunque della violazione del principio costituzionale di necessaria offensività delle condotte. Ha ritenuto pertanto la corte di Cassazione che, allorchè vengano superati i limiti tabellari, il giudice dovrà svolgere un’ulteriore verifica, accertando se, nonostante siffatto superamento, il bene salute non abbia comunque subito compromissione o esposizione a rischio. In tal caso l’unica risposta sanzionatoria sarà quella amministrativa.
Deve invece escludersi la possibilità di configurare il concorso tra sanzione amministrativa e risposta penale. Per quanto condivisibile in ordine al contenimento del rischio di violazione del principio di offensività concreta, posto a tutela della libertà individuale, siffatta soluzione ermeneutica presta tuttavia il fianco a qualche perplessità in ordine all’effettiva possibilità che nei singoli casi concreti l’interprete possa effettivamente disporre di strumenti che consentano con certezza di ritenere integrata la fattispecie incriminatrice. Ciò a ragione dell’estrema difficoltà nell’accertare l’effettiva riconducibilità di determinate patologie all’esposizione di onde elettromagnetiche, ove si consideri l’attuale livello delle conoscenze mediche in materia, la relativamente recente diffusione del fenomeno dell’elettrosmog e la lungolatenza che, più in generale e tendenzialmente, caratterizza i danni da esposizione