Intervista a Ignazio Abrignani, Presidente dell’Associazione dei parlamentari per lo sviluppo sostenibile e Vice Presidente della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati
È nata l’Associazione dei parlamentari per lo sviluppo sostenibile, intergruppo che si occuperà dei temi, tra loro connessi, dell’industria, dell’energia e dell’ambiente.
Questo nuovo soggetto prende piede dalla volontà di alcuni membri delle Camere, guidati da Ignazio Abrignani (Vice Presidente della Commissione Attività Produttive di Montecitorio), con lo scopo di indirizzare le scelte del Parlamento e del Governo sui temi dello sviluppo sostenibile. In particolare verranno proposte iniziative e disegni di legge sull’energia, sulla riforma del mercato elettrico, sulle rinnovabili, sui rifiuti e sulla fiscalità ambientale. Abbiamo sentito Ignazio Abrignani, Presidente dell’Associazione.
Come nasce la volontà di creare questo intergruppo parlamentare?
L’energia è un fattore fondamentale per lo sviluppo economico e solidale di un Paese, ma anche una delle cause principali di pressione ambientale del nostro Pianeta. L’Associazione è promossa da parlamentari nazionali ed europei, in carica e non, nonché da membri del Governo che abbiano cessato la carica da almeno un anno.
Ciascuno dei componenti ha maturato nella sua vita professionale e istituzionale un bagaglio di conoscenze ed esperienze nell’ambito di quella che comunemente e a tutto tondo si definisce “green economy”; vogliamo mettere a fattor comune queste esperienze al fine di promuovere i principi ispiratori dell’Associazione.
Intratterrete relazioni anche con le associazioni di categoria al fine di elaborare proposte di legge sui temi trattati?
Certamente nell’ambito delle nostre attività istituzionali saremo attori che promuoveranno iniziative, anche legislative, volte ad un’affermazione dello sviluppo sostenibile in tutte le sue molteplici declinazioni, avvalendoci della collaborazione di esperti, studiosi e degli operatori singoli o associati.
Personalmente ho visto molto positivamente la presenza di associazioni che raccolgano gli interessi e che in modo trasparente interloquiscono con le istituzioni. Le numerose audizioni nella Commissione Attività Produttive alla Camera dei Deputati, di cui son Vice Presidente vicario, sono la testimonianza di un lavoro profittevole nell’ambito del procedimento legislativo.
Le rinnovabili in Italia hanno avuto un periodo di sviluppo seguito da una fase di stallo, dovuto a numerosi provvedimenti normativi penalizzanti, tra i quali la mancata emanazione del Decreto FER non fotovoltaiche, di cui il settore è ancora in attesa. Come si giustifica questa gap, che sta avendo conseguenze disastrose sulle aziende?
Mi pare che la situazione stia cambiando, il decreto FER approvato dal Governo è ora all’esame della Commissione Europea; una veloce risoluzione dello stallo regolamentare significa sbloccare interventi immediati per 800 megawatt.
Il settore eolico ha contribuito in modo notevole alla crescita tecnologica di molti Paesi, Italia inclusa. In una nazione quale la nostra, che da troppi anni vede una perdurante diminuzione dell’occupazione, con interi settori industriali smantellati, non possiamo lasciarci sfuggire un’occasione unica come quella dell’olico.
Quali azioni porrà in essere l’Associazione per contrastare questo problema?
L’Associazione che presiedo vuole contribuire in modo fattivo alla crescita del Paese soprattutto per quanto concerne il versante dell’autosufficienza energetica. In un momento di prezzi del petrolio molto bassi, non possiamo farci vincere dalla tentazione di rincorrere la fonte energetica idrocarburi solo per la variabile prezzo; variabile tra l’altro grandemente influenzata da ragioni e considerazioni politiche che l’Italia non governa. Quando parliamo di energia non possiamo dimenticare come sia un fattore fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del Paese, ecco perché dobbiamo essere promotori di una legislazione di qualità.
Parlando in particolare del settore eolico, i margini di sviluppo sono ancora notevoli, ma la crescita è in calo per via di una normativa poco lungimirante. Quali saranno le proposte per questo comparto e come verrà trattato il tema del potenziamento del parco eolico esistente, che al momento non è regolato?
In Italia c’è ancora grande potenziale eolico, vuoi per la conformità del nostro Paese, sia per il mancato sfruttamento del c.d. eolico offshore; quando il decreto incentivi sulle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico verrà finalmente sbloccato tutti dovranno fare la propria parte.
Ad esempio sfruttando il decreto, l’Autorità colga l’occasione per regolamentare il settore soprattutto nell’ambito delle batterie, cioè nella possibilità di accumulo dell’energia quanto gli impianti sono improduttivi, che deve essere bene regolamentato.
Un altro versante su cui vogliamo concentrarci è la semplificazione dell’iter per rinnovare il parco eolico italiano più obsoleto.
Per il c.d. revamping, ovvero il rinnovo del parco eolico inteso come sostituzione di macchie più performanti in un parco eolico già esistente, vogliamo puntare a identificare regole operative, criteri applicativi, standard, procedure che garantiscano efficacia e trasparenza nei progetti di rinnovamento di quella parte di centrali che hanno superato i dieci anni di vita e necessitano di interventi di sostituzione: impianti per 2.000 MW di potenza, sui 9.000 MW installati in Italia.
In sostanza il revamping dovrebbe essere realizzato a partire da una maggiore efficienza energetica dell’impianto, in grado di ridurre, per esempio, il numero delle pale eoliche a parità di potenza erogata, ciò grazie all’innovazione tecnologica che ci consente di aumentare la produzione utilizzando le infrastrutture esistenti.