Abbiamo finalmente il Decreto! Ebbene sì, dopo ben diciotto mesi di attesa, finalmente il Governo Italiano ha provveduto a emanare un Decreto Ministeriale che regolerà lo sviluppo delle Fonti Rinnovabili di Energia non Fotovoltaiche per il biennio 2015-2016.
Proprio così, avete letto bene, questo provvedimento relativo a un arco temporale di ventiquattro mesi ha visto già passare i primi diciotto mesi! Vabbè, potrebbe dire qualcun altro, avanzano comunque sei mesi di lavoro, rimbocchiamoci le maniche… ma quel qualcuno dimenticherebbe che i tempi di realizzazione di un impianto industriale per la produzione di energia elettrica non si realizza in un mese o in due, quindi il rischio serio è che si arrivi giusto sul filo di lana per avere (o anche solo aggiudicarsi il diritto di realizzare) questi benedetti impianti rinnovabili.
Qualcun altro ancora direbbe: “Però potete sempre fare impianti piccoli, quelli domestici che si realizzano in tempi minori, forse fareste in tempo”. Sarebbe giusto se non fosse che un pasticcio della norma di fatto impedisce l’assegnazione dell’incentivo a tali impianti domestici, in quanto il Decreto termina la sua efficacia il 31.12.2016!
In questo contesto sono da notare altri due aspetti, il primo riguarda le modalità con le quali il Primo Ministro Matteo Renzi ha ritenuto di dare notizia della firma del DM, con una conferenza stampa alla presenza non delle Associazioni, non delle rappresentanze dei cittadini ma con i vertici di due aziende private che competono con le altre centinaia che operano nel settore delle rinnovabili!
Proprio così, sembra incredibile ma il Presidente del Consiglio ha ritenuto di dare l’imprimatur al testo, con tanto di firma dei due Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, alla presenza degli Amministratori delegati di ENI ed ENEL, ci sembra uno scivolone che denota ancora una certa sudditanza mai risolta e della quale non vi era certo necessità.
Il secondo aspetto da notare è che il DM sia uscito proprio mentre il Parlamento Europeo decideva di approvare due risoluzione per rendere gli obiettivi al 2030 più stringenti in tema di FER (almeno il 30%) e di efficienza (almeno il 40%). Proprio in tale occasione l’Europarlamento ha deciso anche di stigmatizzare i ritardi di alcuni Stati membri rispetto agli obiettivi 2020, impegnando la Commissione a lavorare in stretto contatto con questi Paesi onde evitare scollature tra obiettivi definiti e strumenti approntati.
Questo significa che il Governo Italiano deve immediatamente mettersi a lavorare per definire il quadro normativo per il quadriennio 2017-2020. Serve un ultimo Decreto Ministeriale, garantendo al sistema di raggiungere tali obiettivi nel modo più efficiente. Ovviamente ci si dovrebbe attendere tale provvedimento entro la fine dell’anno…
In questa prospettiva, con il nuovo Decreto FER 2020 sarebbe opportuno rivedere la strategia complessiva del settore per cercare di spronare il legislatore nella direzione migliore. Come ha insegnato infatti la conferenza stampa con solo due delle molte aziende interessate, che tra l’altro non hanno escluso la possibilità di unirsi in una Joint Venture per realizzare impianti a Fonti Rinnovabili, forse varrebbe la pena smettere di perdere tempo con questo antico rituale democratico che ci ostiniamo a seguire, consegnandoci invece alla consapevolezza del fatto che il mercato non è libero, i provvedimenti non sono fatti per tutti ma che ci sono alcuni più uguali degli altri ai quali è dato di poter presenziare ufficialmente alla firma, e forse suggerire prima della stessa qualche aggiustamento, che invece ai loro concorrenti non è concesso.
Tale beneficio non è concesso neppure alle Associazioni di categoria che, infatti, quelle due aziende bypassano regolarmente tanto da spingerle alla fusione per coerente processo semplificatorio…
Noi invece crediamo che non si debba cedere a questa tentazione, non si deve abbandonare il presidio della trasparenza, della competitività e del libero mercato, che sia inserito in meccanismi liberisti e garantisti che favoriscano una competizione regolare.
Ora la sfida si fa interessante, da un lato obiettivi sempre più forti e vincolanti per la riduzione delle emissioni climalteranti, dall’altro la resistenza di chi difende interessi di parte, in mezzo un Governo che deve decidere se pensare di mettere in campo politiche lungimiranti o restare rivolto a un passato che non tornerà. Dalle posizioni assunte sul referendum delle Trivelle e dalle recenti posizioni del Ministro dell’Ambiente Galletti sull’importanza delle fonti fossili per il nostro Paese (!) sembra che l’attenzione sia più verso l’essere vicini alla difesa degli interessi delle vecchie fonti fossili che verso l’inevitabile futuro rinnovabile, ma chissà che il neo Ministro Calenda non riesca a far capire al Governo tutto quanto sia miope resistere a un cambiamento, che non si fermerà, piuttosto che cercare di guidarlo e governarlo.
Il futuro del nostro Paese in termini energetici deve passare per un deciso incremento dell’uso del vettore elettrico, per gli usi domestici innanzitutto (cucine ad induzione, riscaldamento e raffreddamento ecc.), e poi per il trasporto pubblico e privato.
Questo cambio di paradigma deve essere legato all’ulteriore trasformazione del mix di produzione dell’energia elettrica che deve giungere entro il 2030 a superare il 60% e tendere al 100% verso la metà del secolo. Questo è il futuro del nostro sistema e per guidarlo in tale direzione servono sistemi efficienti e intelligenti che mettano in rete questa energia consentendo una sempre maggiore integrazione tra produzione e utilizzo, anche tramite sistemi di accumulo parcellizzati, come possono essere quelli dei veicoli domestici. Un sistema che faciliti questo passaggio sviluppando sistemi all’avanguardia avrà solo da guadagnare da questa trasformazione, sia da un punto di vista industriale, sia dal punto di vista, sia dal punto di vista dell’innovazione. Guidiamo questo cambiamento superando le resistenze di chi difende il passato.